Dentro la partita di Thiago Motta
Thiago è stato Thiago sin dall'inizio. Abbiamo imparato a osservarlo e ne stiamo cogliendo un po' di aspetti. E' molto orgoglioso della sua squadra, e si sente pure estremamente responsabile dell'andamento delle cose. Si vede da come abbraccia collaboratori, staff, gente della Juve poco prima dell'inizio della partita. Sa esattamente, quanto dipenda tutto dal suo lavoro quotidiano, e non si sottrae all'ambizione.
Iniziata la partita, Motta è un gioco di sguardi con la squadra. Richiama i centrocampisti e lavora con gli esterni. Chiede a Yildiz di andare a trovare quello spazio che è necessario per lui e per il gruppo: ha bisogno di metri per scatenare le sue giocate, e il tutto viene fuori con una naturalezza estrema. Succede poi che prende palla Mbangula dalla sinistra, si accentra e calcia in porta: è un destro docile e preciso, ed è gol. La reazione del mister? Un sorriso sornione, dopo un'esultanza da ultras. Aveva ragione lui. E lo sta ricordando al mondo.
Le intuizioni
Dopo Mbangula c'è Weah, un altro che ha avuto la benedizione di Thiago Motta. E a chiudere i conti c'è Andrea Cambiaso, che partiva già con le sembianze del figlio perfetto di Thiago. E' già la sua Juve, dai. Si può dirlo. E non è che si debba aspettare gambe migliori e partite più probanti. E' la sua Juve nel bene e nel male, negli errori in fase d'appoggio e nelle idee in costruzione. E' la sua Juve soprattutto nelle intuizioni: dicevamo di Mbangula, poi però c'è Savona per Weah, poi però c'è Cabal e non Danilo. C'è Thuram davanti alla difesa. C'è Locatelli, definito "giocatore fortissimo".
E c'è la gioia, alla fine. Al primo gol esplosa con il suo staff. Al secondo è esplosa persino con qualche tifoso in zona. Un paio di 'cinque' regalati in giro, come fosse uno di tutti, e certamente uno della Juve. Inizia anche così, e pure da qui, l'era di Thiago. Un allenatore che deve superare mille test, non quello della responsabilità. Si vede da come ci tiene. Da come si sente al centro del suo progetto.