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La gestione del campo è in carico al Napoli, Luciano Moggi è, tra le altre cose, un ex dirigente della società campana. Guarda caso, però, il procuratore federale Giuseppe Chiné punta il dito contro la Juventus. Fa di più, non pago, manda un agente federale fino a Torino, per parlare con Gianluca Pessotto. La sua colpa? Essersi intrattenuto con Moggi a chiacchierare a bordocampo, prima di Napoli-Juventus del campionato Primavera.
 
Sia mai! Sì, perché quando si tratta di Luciano Moggi oltre la radiazione c’è chi vorrebbe la damnatio memoriae. Quando si tratta di Juve, ci sono fascicoli da riempire e azioni da intraprendere: di qui non si scappa. Ecco, dunque, che non si può fare a meno di avviare un’indagine, di sprecare soldi e tempo; non si sfiora il ridicolo, si scade nell’imbarazzo.
 
E dire che la spiegazione alla vicenda è tanto semplice, lo racconta lo stesso Luciano Moggi: “Sono andato a Cercola insieme a due amici, che sono testimoni e che citerò, e siccome non sono pratico del campo ho chiesto all’inserviente che mi ha fatto passare a bordocampo. Lì ho incontrato Pessotto, che ho salutato calorosamente perché è stato un mio giocatore. Chinè non può dire che io non posso parlare con qualcuno, perché questo è stalking. Non possono vietarmi pure di parlare. Non si capisce bene perché Chiné abbia mandato prima a Torino a parlare con Pessotto una persona della procura, e non sia andato invece a Napoli a sentire l’inserviente di quel campo, probabilmente gli avrebbe dato la spiegazione che ho dato io”.
 
Il procuratore Chiné, dopo essersi guadagnato la ribalta con l’inchiesta per il caso plusvalenze, ci mette il carico. Quanto emerge, però, non gioca a suo favore. Ancora una volta chiude gli occhi sulle eventuali responsabilità altrui, l’importante è colpire la Juventus. Una volta instillato il dubbio, il sentimento popolare fa il resto. Questo lo ha già capito, l’abbiamo già visto.