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Rita Guarino, allenatrice della Juventus Women, ha parlato in esclusiva a La Gazzetta dello Sport. Di seguito, le sue dichiarazioni. 

CRESCITA - "Noi come Juventus stiamo crescendo, come tutta la serie A. Si è alzata l’asticella, anche per l’impatto delle società professionistiche che hanno portato molte straniere brave almeno quanto le nostre top. L’Allianz Stadium ci metterà del suo. Queste ragazze non sono abituate a giocare di fronte a tanta gente, tranne in rare occasioni. Il nostro sport inizia a catturare l’attenzione, ma gli scettici anche tra gli addetti ai lavori restano molti. Questo deve essere un punto di partenza, perché poi la gente si appassiona se regali emozioni".

DA DILETTANTI - "Sarebbe bello se le bimbe potessero regolarmente identificarsi in una calciatrice. Ma i pregiudizi resistono e lo sport femminile è regolato ancora da una legge del 1981. La politica ci deve dare una mano, anche perché il presidente Andrea Agnelli crede moltissimo in questo progetto e il mondo Juve è un traino da sfruttare. Quando giocavo non ho vissuto momenti così felici sul piano della visibilità, ma spero che tra 20 anni le donne si possano trovare in situazioni ancora migliori. L’importante è non tornare indietro".

PRIME VOLTE - "Ci sono tante ragazze formidabili tecnicamente. Venite allo Stadium con occhi non condizionati dal calcio maschile. Non aspettatevi la velocità e la fisicità degli uomini, osservate senza preconcetti e vi divertirete. Tecnicamente e tatticamente non ci sono differenze importanti. E poi le ragazze non mollano mai, si gestisce meno il momento e si dà sempre tutto. E tifate per le nostre ragazze fino alla fine".

ANCHE PSICOLOGA - "Quando alleni un campione o un gruppo che compete ad alto livello le dinamiche collettive sono fondamentali. Devi capire quando è il momento di mollare e di chiedere di più. E una donna ha aspetti emotivi da gestire diversamente, anche se non credo che il genere sia fondamentale nel gestire uno spogliatoio. La differenza la fanno le competenze. Mi aiuta anche l’aver giocato ad alti livelli".

ALLENARE GLI UOMINI - "Fantacalcio? Assolutamente. Da una parte c’è un problema di cultura, non c’è la capacità di capire che uomini e donne sono menti pensanti allo stesso modo. Tante colleghe hanno studiato e sono preparate per allenare ai massimi livelli. Inoltre solo il 2% della popolazione calcistica italiana è femminile, per non parlare delle allenatrici. Siamo lontanissimi".

DIFFERENZE - "La più forte giocatrice non potrebbe sfidare i maschi, nemmeno in serie C. Perderebbe ogni contrasto fisico e il duello in velocità sarebbe improponibile. I picchi di alta velocita (sopra i 25 km/h) tra uomini e donne ripetuti sui 90’ fanno pensare a sport diversi. E l’uomo ha una forza superiore del 45% sugli arti inferiori".

METODI - "Ormai si lavora per principi di gioco, non più per moduli. Siamo troppo fissati sui numeretti, che aiutano a semplificare. A volte ci gioco un po’ pure io, faccio credere di mettermi in un modo e invece è tutt’altro. Guardate Allegri con l’Atletico: non c’era un sistema delineato, ma una chiara strategia di occupazione degli spazi con una fase di costruzione che dava l’idea di un modulo differente da ciò che era, grazie alla versatilità di chi lo interpretava. E’ sempre più importante avere giocatori duttili: il calcio del futuro è quello con 11 elementi che sanno attaccare e difendere con specializzazioni di ruolo sempre più sfumate. Bisogna aprire la mente quando si guarda calcio. E il tatticismo esasperato ha impoverito le giovanili: in pochi sanno saltare l’uomo e ancora meno marcano come si deve".

ALLEGRI - "Consigli? Io sono a Vinovo e lui allena alla Continassa, non ci sono grandi occasioni. Stento a pensare come si possa criticarlo, visto che ha fatto con l’Atletico? Con tutti gli altri allenatori invece c’è un contatto quotidiano e condividiamo la stessa filosofia".