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Il solo dato evidente e incontestabile che emerge alla fine del plenum della Juventus è che la società bianconera da oggi è sempre più nelle mani del suo presidente Andrea Agnelli il quale, volendo usare una similitudine politica merita in pieno la definizione di “rais”. Marotta, azzerato fisicamente e dal libro paga come amministratore delegato, non è stato sostituito e il suo ruolo verrà ricoperto dal principale azionista di riferimento della Spa al cui fianco ci sarà la figura sempre più influente del Richelieu ceco Pavel Nedved. A Torino, dunque, in chiave calcistica torna a vivere l’era storica del Re Sole e della sua corte. In tutto ciò non vi è certamente nulla di male. Ciascuno è libero di giocare come e quanto vuole con il proprio teatrino.

Sotto la punta di questo iceberg aziendal-butocratico ondeggia un mare difficile da navigare perché insidioso e ambiguo, nel quale Andrea Agnelli si è cimentato per la bellezza di quaranta minuti per esporre le sue verità, e niente altro che la verità, rispetto a temi che ad alcuni sembrano scottanti e ad altri delle autentiche baggianate. Report, gli striscioni canaglia, le canaglie in carne e ossa, il mercimonio dei biglietti, gli agenti di una sicurezza insicura, gli scheletri o rami rinsecchiti di Calciopoli, il cadavere di un suicida con il viso gonfio di botte. Un pentolone di eventi orrendi e stomachevoli per il calcio in tutta la sua complessità che il presidente ha voluto affrontare per difendere la dignità e il buon nome della sua Juventus.

Sostiene Agnelli di “aver assistito in questi due anni a uno spettacolo molto spiacevole riguardo alle irregolarità nella vendita dei biglietti, ma anche all’assoluzione per infiltrazioni mafiose”. Vero, verissimo. Ma è legittimo domandarsi perché la Juventus “dovesse” dare centinaia di biglietti a quegli ultras che anche gli strapuntini dello Stadium sapevano rappresentare un “tesoro” illecito grazie al quale i bagarini sarebbero arricchiti. E come può sostenere la società di non sapere chi, nella vita di tutti i giorni e anzi nella malavita, fossero questi personaggi che “doveva” accontentare per evitare danni ben più seri? Sarebbe molto più semplice e onesto parlare di una Juve ricattata e farsi paladini di una crociata per una radicale bonifica coinvolgendo tutte le altre società.

Sostiene Agnelli che Report “ha voluto fare spettacolo dicendo che il nostro responsabile della sicurezza abbia fatto entrare degli striscioni canaglia all’interno dello stadio”. Primo appunto: la puntata incriminata di Report non era “Tale e quale show” ma un’inchiesta giornalistica molto seria e professionale. Seconda perplessità: la voce che, intercettata, dice “Questa volta mi hanno incastrato” o era quella di D’Angelo oppure quella di un doppiatore eccezionale.

Sostiene Agnelli essere “una vicenda dolorosa per chi come noi collabora con le forze dell’ordine per rendere gli stadio zone di sicurezza dentro e fuori”. Bene, lodevole. Ma mente un ambulante qualunque viene cacciato dalla piazzola esterna allo stadio, quello stesso spazio può essere occupato dal branco che spaccia i biglietti e forse anche altro.

Sostiene Andrea Agnelli che “il dolore è acuito dalla scomparsa di Stefano Bucci ma bisogna rispettare in silenzio il corso delle indagini”. Un silenzio reso assordante dalla certezza che il corpo del povero suicida, al quale era stato minacciato di uccidere il figlio, non è stato sottoposto all’autopsia come sarebbe stato logico fare. Chi vuole e cerca la verità dovrebbe spingere la Procura a provvedere.

Sostiene Agnelli che “è obbligatorio tenere i rapporti con i tifosi anche con quelli più caldi”. Con i tifosi certamente, con i delinquenti no. Definire questi ultimi con un eufemismo “caldi” è un insulto all’intelligenza.

Sostiene Agnelli su D’Angelo che “siamo fieri di averlo con noi”. Direbbe Pino Daniele che ogni scarrafone è bello a mamma sua.

Sostiene Agnelli che “dai bambini di otto anni un su che compongono le nostre squadre l’obbiettivo deve essere uno solo e cioè quello di vincere”. E dire che, almeno per i bambini, il calcio dovrebbe essere soltanto un gioco.