commenta
Un famoso romanzo di Truman Capote s’intitolava “Altre voci, altre stanze”. Le voci del mercato calcistico sono invece le solite: si rincorrono chimere, si fanno annunci altisonanti, poi si atterra sulla realtà. Talvolta i sogni si avverano, talvolta no. Capita anche che ci siano degli incubi.

Per la Juve, ad esempio, se non gli incubi, i brutti sogni si chiamano - lo abbiamo ripetuto - Arthur, Rabiot, Ramsey (incubo a tutto tondo). Ci potremmo aggiungere anche Alex Sandro, sempre più involuto ad ogni stagione. La strategia sembra quella di inseguire prestigiosi parametri zero, anziani come Di Maria, che vuole restare un solo anno oppure Pogba. Su quest’ultimo, la speranza è che torni ad essere, per magiche virtù zebrate, quello dei suoi esordi torinesi. Senza Chiellini si apre un buco in difesa e per ora resta il punto interrogativo.

L’idea è che si navighi a vista. In fondo è giusto così: chi è fuori dai ranghi societari non ne può sapere molto. Ma fa una certa impressione che ci si concentri sul vice di Vlahovic, che Cuadrado rischi di andarsene, che Berardi dovrebbe essere chiamato a sostituire nientemeno Dybala. Non è dato sapere chi porterà la croce a centrocampo, chi potrà risolvere degnamente la fascia arretrata sinistra. Molina è indiziato per la destra, ma la concorrenza è forte e il costo alto. 

Si parla, addirittura, di un Allegri che vorrebbe, a tutti i costi Milinkovic Savic. In fondo, si dice che l’altra volta l’allenatore labronico, per restare, avesse chiesto di cambiare più di metà squadra. Non fu accontentato e venne congedato. Infine, le notizie sul recupero di Chiesa non sono incoraggianti e certamente sul giocatore non si possono correre rischi di ricadute.

La sensazione è di essere ancora in alto mare con i pezzi di un puzzle costantemente sparigliati, ma soprattutto con un disegno da copiare che non s’intravede. E’ vero: c’è ancora tempo per arrivare alla chiusura del mercato, ma per ora non è molto rassicurante. Non basta un Pogba comunque diverso da quello che era partito, a far primavera in una squadra ancora altamente autunnale.