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Tre gol e alla prossima puntata. Per la terza volta in stagione Paulo Dybala prende il pallone e se lo porta a casa, ancora. Nessuno ci era mai riuscito nella moderna Serie A, uno solo prima di lui: vestiva sempre i colori bianconeri, anzi li aveva e li ha impressi dentro. Si tratta di Giampiero Boniperti, attaccante prima, dirigente e presidente onorario poi. Ma da quella volta sono passati 68 anni, era la stagione 1949/50. Ma tutto questo cosa vuol dire?

Beh, per prima cosa che Dybala non è sicuramente un giocatore normale: non è uno di quelli che passa e va, anche se a tratti sembra somigliarci tanto. Sì, il problema è proprio qui: la continuità, ma non nello stesso palcoscenico, bensì quando si cimenta in ambienti diversi. Come un cantante che ama esibirsi in unico stato e che fatica quando si tratta di aprire le porte ad un tour europeo, anche se lì poi potrebbe trovare la propria consacrazione definitiva.

Dybala, ad oggi, è una star nazionale. In Italia domina, si permette di rifiatare e accelerare a piacimento, riuscendo bene o male ad incidere quasi sempre: tre gol oggi (due su rigore dopo averne sbagliati un paio in stagione), quattro se si conta la gara contro il Milan e 21 totali. Un 10 che segna tanto, che ama farlo e ha la qualità per farlo, ma che ogni tanto si inceppa. 

Succede spesso e volentieri in Champions, e infatti lì la casellina gol segnati è ferma a 1, contro il Tottenham. Una rete che, per quanto decisiva, dà l'idea di un giocatore che rischia di alimentare un insano mal d'Europa e che proprio lì deve imparare ad incidere. Oggi tre gol per lo scudetto, quasi come una formalità, ma mercoledì la gara la guarderà solo dagli spalti del Bernabeu. 

Espulso a pochi minuti dal termine di una gara non malvagia, contro il Real non ci sarà. Serve un miracolo dei suoi compagni per non mandare tutto all'aria, per regalargli un'altra chance: per sè, per la Juve, per il Mondiale, per convincere finalmente tutti.