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Farne quattro e non subirne neanche uno. Se c'è un prototipo di gara che a Maurizio Sarri fa davvero impazzire, il secondo tempo di Juve-Lecce gli si avvicina parecchio. Non soltanto per i gol, ma per l'atteggiamento. Per quel crederci accompagnato al palleggio. Per il non mollare anche quando la partita è virtualmente conclusa e non c'è altra storia da poter padroneggiare. Eppure, giocare. Sempre, giocare. Continuare a farlo per il solo gusto di creare. Anche così si scatena l'entusiasmo, si distruggono gli ultimi dubbi. Soprattutto così, si rianima un attacco. 

FINALMENTE - I due pareggi a reti inviolate erano frutto di ruggine e preoccupazione, adesso la mente della Juve è libera da pensieri negativi e soprattutto dal blocco del creatore: non conta più come, ma farlo. E la condizione fisica, soprattutto quella di Cristiano, sta aiutando a non intestardirsi e a gestire pure le crisi con la calma di chi è consapevole. Non solo dei propri mezzi, ma anche della fatica che incombe sulle gambe dell'avversario. In tutto questo c'è Dybala: che determina, che s'infila, che gestisce. E che segna, in maniera semplicemente sublime. Pure lui: la sua personalissima ruggine (da una vita) era la continuità all'interno dei novanta minuti. E' l'ago del bilanciamento offensivo bianconero, e non certo da Juve-Lecce (4° gol nelle ultime 5 di campionato). 

COMPRIMARI - Dunque, Cristiano e Paulo. Che dopo Bologna si ritrovano in un abbraccio e nella staffetta di gol, oltre chiaramente a condividere lo status di insostituibili. Al loro fianco Sarri ha scelto Bernardeschi per dare densità a centrocampo, per bloccare magari sul nascere qualche sgroppata del Lecce, rinunciatario solo all'apparenza. Federico ci ha provato: ha rischiato qualche giocata, tenuto bene gli avversari. Si è divorato un gol che gli varrà un po' di sfottò, poi si è spento complice un abbassamento generale di intensità e attenzione. Sul più bello, Sarri ha inserito Douglas Costa e provato una variabile potenzialmente devastante: 4-2-4 con Douglas da una parte e il toscano dall'altra. Hanno fatto bene. Contro un Lecce moribondo, ma è stato un bel guardare, specialmente in termini di potenziale offensivo. Chissà se lo rivedremo. 

HIGUAIN - Rivedremo certamente Gonzalo Higuain, entrato con la rabbia di chi avrebbe voluto spaccare la porta e uscito dal campo con il sorriso tirato di chi non aspettava altro. Ha sofferto, il Pipita. Si era già capito da quel destro scaricato con violenza e determinazione, ignorando completamente la sovrapposizione di Muratore. Il Gonzalo di quest'anno l'avrebbe visto, servito e magari chiuso il triangolo: questa nuova versione no, non ha più voglia di pensare agli altri. Lui e soltanto lui a lottare contro il mondo e i pregiudizi. Nell'intervista finale si è lasciato scappare un 'concludere al meglio' che si lega perfettamente alle voci di mercato: conoscendo l'argentino, non è tornato per restare, ma per fare definitivamente la differenza.