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"Tira una brutta aria a Roma. Gelida e ficcante. Dalle parti della Procura federale soffiano venti che non promettono nulla di buono per il popolo juventino [...], tira un'aria che potrebbe portare la Juventus al Polo Nord: da meno 15 a forse anche più del doppio!". Scrive così l'edizione odierna di Tuttosport, che non a caso titola "La vogliono mandare in B?". Sì, perchè il fatto che Chinè abbia avvertito la necessità di chiedere una proroga per avere a disposizione quasi un mese e mezzo in più per mettere meglio a fuoco la posizione del club nell'ambito della "manovra stipendi" non può essere letto come un segnale incoraggiante per il futuro.

L'oggetto del contendere è legato al fatto che la società bianconera non ha messo a bilancio le pendenze per alcune mensilità a cui i giocatori avrebbero rinunciato per il Covid, quando in realtà c'erano accordi, non depositati in Lega - e anche qui ci sarebbe un'ulteriore violazione - grazie ai quali nelle stagioni successive gli importi sarebbero stati corrisposti. L'articolo 4, quello della "mancata lealtà sportiva", recita come pena "da uno o più punti di penalizzazione"; peraltro - riflette TS - manca una giurisprudenza specifica sulla manovra stipendi che si è sviluppata in un contesto emergenziale. 

E intanto non è più possibile giocare la retrocessione della Juventus in Serie B. I vari operatori del mercato delle scommesse hanno infatti tolto la quota, che è ancora presente per tutte le altre 19 squadre del massimo campionato. Alla luce della richiesta di 40 giorni di proroga per le indagini, evidentemente i bookies hanno voluto cautelarsi onde evitare brutte sorprese visto che la quota era inevitabilmente alta.