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Anche in Inghilterra si parla di Juventus. Un lungo articolo del The Guardian ha fatto il punto sulla situazione bianconera, tra campo e inchieste, tra passato, presente e futuro, toccando vari aspetti  e sentendo diverse voci, tra cui ex tesserati e personalità che hanno richiesto di rimanere anonime. Ecco alcuni dei passaggi più interessanti.

ACCUSE AD AGNELLI - Partiamo dalle accuse ad Andrea Agnelli, che prima delle dimissioni e dell'inchiesta Prisma era entrato nel mirino della critica (anche internazionale) per la questione Superlega. Un fiasco che non ha sorpreso - scrive The Guardian - che prosegue: "Secondo varie fonti che mi hanno parlato in condizione di anonimato, il posto di lavoro è sempre stato disfunzionale. 'Agnelli pensa di essere un visionario', mi ha detto un ex dirigente, 'ma è un sociopatico. Un completo maniaco del controllo'".

SU PARATICI - Ma non c'è solo Agnelli nel mirino, anche Fabio Paratici è molto presente e rilevante nel racconto inglese, con un passaggio che ricorda varie intercettazioni uscite in questi mesi e lo disegna così: "'Era molto carismatico', mi ha detto un insider bianconero, 'molto socievole. Era un ragazzo divertente, sempre sorridente. Si capiva che gli piaceva la bella vita, far parte dei glitterati, circondato da belle donne'".

JUVE E SISTEMA - L'analisi, poi, si sofferma anche sul caso Ciro Santoriello, uno degli investigatori dell'inchiesta Prisma, e su quei video che lo vedevano descriversi come un pm tifoso del Napoli e anti-Juve, la squadra da lui odiata. Nel merito è entrato Carlo Diana, ex responsabile marketing della Juventus, che ha sentenziato: "Se il sistema vuole abbattere un protagonista può sempre creare scandalo". Lo stesso Diana, in un altro passaggio, viene ricordato come colui che nel suo libro Il Calcio del Futuro ha scritto "che il calcio italiano è 'vicino alla dichiarazione di bancarotta' e che 'si sostenga da anni grazie solo a plusvalenze'". 

QUESTIONE RONALDO - Il grande passo che ha cambiato tutto, sottolineano in Inghilterra, è stato senza dubbio l'acquisto di Ronaldo a cui è seguita anche la pandemia, diventato insostenibile per le casse della Juventus con i suoi oltre 50 milioni di euro lordi all'anno. "Quello è stato il momento delle porte scorrevoli", dice un dirigente di una squadra di calcio italiana che ha chiesto di rimanere anonimo. "C'è stato un effetto inflazionistico sui salari", si legge. E anche Cobolli Gigli, ex presidente Juve, è entrato nel merito dichiarando: "È come se ci fosse stata una voragine. C'è stata questa continua rincorsa di ricavi quando quello che avrebbero dovuto fare era limitare i costi sproporzionati e insensati. È stato un grosso errore. Un esempio di sistema drogato dal denaro per rincorrere i risultati sportivi, sempre soggetti al caso”.

LE PAROLE DI SECCO - E, infine, è intervenuto anche Alessio Secco, altro ex Juve, che ha sottolineato: “La pandemia è stata una tragedia per tutti. Ma per chi aveva giocato un po' con il destino, ha creato enormi difficoltà. I nodi sono venuti al pettine". Ma perché la Juve è stata più colpita di altri club? Un po' perché è il club più noto e, soprattutto, perché è quotata in Borsa: "È un vero ingombro dover lavorare in un club quotato in borsa. Tutte le altre società calcistiche che non sono società quotate in borsa hanno una maggiore libertà di azione, e un grosso vantaggio, rispetto a quelle che lo sono”. E sempre Secco ha raccontato il suo punto di vista sul calcio italiano, che racchiude il senso di un sistema che negli anni è stato finanziato da singoli imprenditori anche in perdita: "Il calcio in Italia è sempre stata una festa, qualcosa che ti permetteva di evadere dalle condizioni della tua vita. Il calcio era al di fuori di tutte le clausole per altre attività, non è mai stato dato al rigore contabile. Non era nemmeno un affare. Gli affari si fanno ancora in albergo o al ristorante, e questo fa parte della convivialità che è nella natura degli italiani".

A chiosa della sua lunga analisi, infatti, The Guardian sottolinea: "Fino a poco tempo fa, le squadre di calcio in Italia erano consapevolmente poco commerciali: erano club in perdita sovvenzionati da un imprenditore locale o, nel caso della Juventus, globale. La crisi della Juventus illustra il rapporto teso e in evoluzione tra sport e finanza. [...] Proprio ciò che ha reso attraente lo sport - il suo ridicolo disprezzo per le preoccupazioni mondane, il suo gusto per il rischio, l'incertezza e le sorprese dei perdenti - lo ha reso poco attraente per gli investitori che richiedono rendimenti prevedibili". E, per la Juventus, a pagare è stato prima di tutto Agnelli, ma non solo lui.