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I veri leader si riconoscono nelle difficoltà, non di certo quando fila tutto liscio. E alla Juve, quest'anno, i momenti "complessi" non sono mancati. L'ultimo risale giusto a poche ore fa, alla sconfitta in casa del Siviglia che ha condannato i bianconeri alla seconda stagione consecutiva senza titoli, con lo spettro dell'esclusione dalle Coppe europee a rendere ancora più cupo un cielo che, dopo aver regalato uno squarcio di luce tra le nuvole, è tornato a minacciare pioggia. E in casi come questi, appunto, serve qualcuno pronto ad aprire un ombrello, più che a rifugiarsi sotto una tettoia. Ecco, ieri sera, nel post partita allo stadio "Ramón Sánchez-Pizjuán", l'unico a rendersi conto di questa necessità è stato Wojciech Szczesny, il super portiere che ha tenuto a galla la Juve per buona parte di gara, senza nulla potere davanti a Suso ed Erik Lamela che, nella bolgia della loro "casa", hanno poi messo una pietra tombale sulle ambizioni di Madama.

LUCIDITÀ - Spesso pronto a scherzare, a sdrammatizzare anche nei momenti più pesanti, il polacco si è presentato davanti alle telecamere più serio che mai, senza alcuna intenzione di trovare scuse o minimizzare la batosta appena subìta dalla Juve. "Oggi non mi è piaciuta per niente la nostra reazione dopo il gol fatto", le sue parole sul match appena concluso. "Ci siamo abbassati troppo, eravamo troppo negativi. Loro hanno creato tanto e probabilmente hanno meritato il pari. Sinceramente noi non abbiamo meritato di vincere questa partita". E poi una considerazione severa ma giustissima, esternata con una lucidità che di certo non aveva mostrato Massimiliano Allegri poco prima nell'analizzare la serata e, in generale, gli ultimi mesi della sua squadra: "È una grande delusione, questa sconfitta vuol dire una stagione senza trofei. Qui non basta partecipare alle competizioni, bisogna vincere. Questo è già il secondo anno di fila che non vinciamo niente. L'anno prossimo dobbiamo ripartire ma stasera resta una grande delusione". 

MENTALITÀ - Ed ecco, riassunta in poche parole, la mentalità Juve, quella del "vincere non è importante ma è l'unica cosa che conta" di bonipertiana memoria. Sempre quella a cui di recente i bianconeri sembrano aver fatto ombra con il macigno dei 15 punti di penalizzazione, nella confusione generale di una società che nel bel mezzo della stagione ha vissuto una vera e propria rivoluzione forzata - o quantomeno anticipata - e che tuttora non sembra in grado di lasciare riferimenti solidi a una squadra a sua volta in una fase di cambiamento, con giovani promesse in rampa di lancio e presunti "senatori" non più capaci di offrire garanzie, almeno sul campo.

CONFUSIONE - Alla Juve, in sostanza, si respira confusione. E a dirlo, pur senza prenderlo come un alibi, è stato ancora lo stesso Szczesny: "Dobbiamo ritrovare un po' di ordine e organizzazione all'interno del club, quest'anno è stato molto strano e particolare, per poi ritrovarli anche in campo". Se il "caos" parte dall'alto, insomma, non può che espandersi pericolosamente fino ai piani bassi, lì dove poi diventa trovare appigli per rialzarsi e molto facile cominciare a barcollare, a sentirsi fragili. "L'anno prossimo dobbiamo ripartire ma stasera resta una grande delusione", è stata la chiosa del portiere. "Ripartenza? Ci si prova dai punti positivi di quest'anno, dalla crescita dei tanti giovani che si sono inseriti bene in Prima Squadra". Non è tutto da buttare, insomma. Ma certamente bisogna cominciare a fare ordine, a raccogliere i pezzi e a capire quale forma deve assumere il puzzle. A quel punto sì, che la mentalità Juve potrà riemergere dalle ceneri.