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Sono notti così a determinare chi sei. E lo aveva detto anche Allegri: non c'è altra strada se non quella del fare. La Juve torna a Torino con le ossa rotte e la sconfitta al momento somiglia più a un danno collaterale: a preoccupare resta la tenuta mentale di una squadra che non è una squadra, non ancora, e chissà quando lo sarà. Se fosse sul lettino dell'analista, la diagnosi di questo gruppo sarebbe certa: è un'assenza incredibile di certezze a generare l'ansia. E dall'ansia si arriva alla preoccupazione. Dalla preoccupazione è tutta una questione di paura. E la paura è una brutta bestia: ti taglia le gambe, soprattutto quando pensi di star bene.

PAURA DI NON FARCELA - Il gol di Morata aveva generato persino l'illusione di abbattere il tempo: la Juve si era rannicchiata davanti al Napoli, chiudendo gli spazi e partendo in contropiede. Mancavano i big e infatti il brio in attacco è svanito alle prime bolle; ma la dimostrazione di solidità aveva dato una traccia così forte di futuro che - come un puzzle - tutte le tessere immaginate a inizio stagione sembravano essere andate lì, al posto giusto, nel momento più concitato. Ma il tempo passa. I giocatori cambiano. Gli anni aumentano e aumenta il peso degli stessi sui singoli. La prima Juve di Allegri conservava una certezza metafisica: non c'era una controprova, eppure tutti sapevano che per prendere gol avrebbe dovuto passare un treno ad alta velocità con mani giunte, in preghiera. Oggi nessuno ha paura dell'uomo bianconero. E' l'uomo bianconero a mostrarsi timido, impacciato, spaventato. Davanti ai trentamila del Maradona (rumorosissimi) e davanti a una situazione generale che stringe sempre più la cinghia davanti alle solite disattenzioni. 

BASTA ERRORI - Ecco: per la prima volta, l'alibi di inizio stagione è svanito e la frenesia dovrà per forza farsi buona consigliera. Non c'è più tempo. Se n'è perso abbastanza tra Udinese ed Empoli. Tanti punti e tante situazioni al limite dell'inspiegabile hanno ricaricato il Napoli e stretto all'angolo la Juventus. Inutile negare i problemi davanti all'evidenza: Szczesny è un problema e lo è evidentemente. Inutile predicare calma se poi i calciatori sembrano abusarne. Inutile ricorrere ai mezzi del passato quando è palese che il passato sia svanito insieme all'incantesimo dell'impenetrabilità. Inutile prendersela con Allegri, infine. Ha ereditato un terreno arido, prova a innaffiarlo in ogni modo e dal mercato non è che sia piovuto granché. Forse potrebbe prendere ispirazione dai contadini delle Langhe, vino impareggiabile quanto gli aforismi: dove non arriva l'acqua - dicono -, ci vuole la zappa. Magari senza tirarsela sui piedi, stavolta.