Il vicepresidente della Juventus non è una figurina da mostrare al mondo, un’icona rappresentante della juventinità. È, invece, a tutti gli effetti, parte del management e ha voce in capitolo sulle decisioni tecniche, insieme ad Arrivabene, Cherubini ed Allegri. Ne è un esempio la scelta di due stagioni fa di puntare su Maurizio Sarri, candidatura spalleggiata anche da Paratici. Tra i due il rapporto ha avuto alti e bassi, ma all’inizio della stagione scorsa non era inusuale vederli seduti affianco nella tribunetta dell’Ale&Ricky di Vinovo, dove gioca la Primavera, intenti ad analizzare la partita così come a scambiarsi sorrisi e battute.
Nedved è un attento osservatore di ciò che si muove nel settore giovanile bianconero. È un habitué delle tribune di Vinovo e del Moccagatta, gli impianti che ospitano le partite casalinghe di Under 19 e Under 23. Qui, la Furia Ceca si attenua e lascia spazio all’analista, al commentatore, attento ai particolari del campo, ai dettagli che solo chi ha giocato ad altissimi livelli può notare. Per esempio, durante la partita del campionato Primavera tra Juventus ed Empoli, il vicepresidente si trovava a bordocampo, al fianco di uno dei collaboratori dello staff della prima squadra, impegnato in una sorta di danza scatenata che, altro non era, che consigli e indicazioni sull’orientamento nelle marcature e negli stop. Non mancano, però, anche gli episodi di nervosismo, come nel 2020 quando al Moccagatta di Alessandria, dopo un rigore concesso al Renate avversario dell’Under 23, si lamentò dalla tribuna: “Non ho mai visto assegnare un calcio di rigore del genere”.
Il tema del giorno, in casa Juventus, è la sfuriata di Nedved nel post finale di Coppa Italia, contro Allegri e calciatori e poi un confronto acceso anche con il presidente Andrea Agnelli, come riportano i quotidiani. Passione, temperamento, calore, ma anche competenza e attaccamento. Prendere o lasciare, verrebbe da dire, tutto questo è Pavel Nedved, dalla tribuna d’onore dello Stadium ai seggiolini di Vinovo.