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L’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. In sintesi è questo il riassunto dell’avventura di Maurizio Sarri alla Juventus che oggi può essere definita una disavventura. Frutto del più solenne svarione di Pavel Nedved e della debolezza di Andrea Agnelli, la cui risultante fu la cacciata di Massimiliano Allegri, l’ingaggio del tecnico tosco-napoletano si sta rivelando come il momento di maggior decadenza bianconera dai tempi della gestione tecnica affidata a Gigi Maifredi.

In discussione non vi è e non deve esserci l’aspetto  tecnico della vicenda. Sarri, indubbiamente, possiede tutte le carte in regola sul piano teorico per svolgere la sua professione con dignità e con serietà e nessuno può permettersi di mettere in dubbio la sua onestà intellettuale. Può lavorare ovunque o quasi, ma non alla Juventus.

Un allenatore totalmente scollegato dai canoni di una società, comunque particolare, dove vengono richieste qualità anche di rappresentanza che Sarri non possiede e che non poteva inventarsi stravolgendo la sua personalità. Ruvido, niente diplomatico, sprovvisto della necessaria empatia, portato spesso allo scaricabarile sui giocatori, talvolta anche volgare per dialettica, povero di elegante carisma.

Non sono certamente colpe, queste. Lui è fatto così e lo sapevano bene quelli che lo hanno chiamato forse illudendosi che sarebbe cambiato in corso d’opera. Cosa che ovviamente non poteva accadere con il risultato di un rapporto tra lui e i giocatori forse definitivamente compromesso e con la seconda parte della stagione che rischia per la Juventus di essere un solenne fallimento.

Una delle regole quasi inattaccabili della società bianconera è sempre stata quella di non licenziare il tecnico a lavori in corso. A questo punto toccherebbe allo stesso Maurizio Sarri prendere atto della realtà di un rapporto non più recuperabile e operare l’unica scelta possibile dando le dimissioni. Sarebbe la sola decisione che permetterebbe al tecnico di salvare se stesso e di salvaguardare il suo futuro professionale. In caso contrario la storia potrebbe scrivere un nuovo “caso Maifredi”. Il tecnico bresciano, dopo il fallimento in bianconero, inizio la sua discesa verso il nulla. Con i dovuti distinguo il paragone non è campato per aria. La differenza tra i due sta nel fatto che Maifredi perlomeno era simpatico e divertente.