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Spesso l’eccessiva animosità e la poca riflessione inducono a straparlare senza fare attenzione a quello che si dice. Sulla fumantinità del tecnico del Napoli Sarri non vi sono mai stati dubbi. Non è una novità. Così è l’uomo e così lo si deve prendere. Altro paio di maniche è la questione legata alla necessità di attivare il cervello prima di sbroccare. Le parole sono di pietra e non hanno le ali. Sicchè la frase “Querelerò tutti coloro che affiancheranno il mio nome alla Juventus” è la dimostrazione di quanto sia pericoloso giocare con i termini in libertà. La Juventus, come tutte le altre società, è un’azienda del pallone. Con doveri e diritti di assemblare il proprio organico come meglio crede. Sarri, come tutti gli allenatori, è un lavoratore del calcio.  Con il diritto e con il dovere di prefigurarsi la sua professione come più ritiene opportuno. Un meccanismo,  naturale, che nel mondo del lavoro porta il nome di mobilità. Ora, sicuramente tra Sarri e la Juventus non vi sono mai stati pensieri matrimoniali. Sentire certe voci può dare fastidio. Ma nel contempo minacciare azioni legali nei confronti di chi osasse mai ventilare un’ipotesi del genere (peraltro in un ambiente dove il gossip da buco della serratura è, ahnoi, sovrano) è, per essere gentili, fantasioso oltreché inopportuno. Una querela comporta l’intervento della Giustizia che è una cosa seria già ingolfata da un mare di questioni irrisolte. Una querela presuppone un’infamia. Dire che un allenatore potrebbe piacere alla Juventus non è infamante. La Juventus, come tutte le altre società, non è il Diavolo e manco Totò Riina. Da oggi, semmai, sarà Sarri a dover temere un’azione giudiziaria popolare nel caso dovesse scappargli di dire che tra i suoi piatti preferiti c’è la torinesissima  “bagna cauda”.