Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta. Per la Juve sempre, ma quest’anno soprattutto per Paratici. Il quale sta affrontando la sua prima stagione intera da “capo pilota” bianconero, ha preso tante decisioni estreme e ovviamente ne risponderebbe in caso di insuccesso. Perché perdere non rientra nelle abitudini della società torinese, tantomeno in questo periodo storico. E lasciare lo scudetto ai grandi rivali dell’Inter - là dove si è rifugiato dopo la defenestrazione juventina quel Marotta che ha costruito Paratici - sarebbe oltre modo grave. A quel punto solo la Champions potrebbe salvare la stagione dei bianconeri: sarebbe un modo straordinario di rimediare all'insuccesso in campionato, ma anche difficile da raggiungere.
Oggi si è portati a parlare tanto di Sarri. In realtà Paratici in questa stagione si gioca più dell’allenatore, perché è stato lui (con Nedved) a sceglierlo, facendo fuori Allegri. E anche perché è stato il direttore sportivo a prendere tante altre decisioni discutibili, discusse e un po’ azzardate. Ha stabilito, ad esempio, di ingaggiare Ramsey e Rabiot con stipendi elevatissimi; di prendere De Ligt a una cifra mostruosa per un ragazzo di vent’anni, coprendolo d’oro; di mettere questo patrimonio nelle mani di un tecnico che guarda poco agli interessi aziendali e molto alle sue convinzioni (a Napoli i problemi sono nati anche per questo).
Per di più, mentre i costi sono aumentati a dismisura, Paratici non è stato in grado di sfoltire l’organico in alcun modo, provando a cedere inutilmente Higuain e Dybala (e per sua fortuna non ci è riuscito), Emre Can e Rugani, fino a Mandzukic. Quest’ultimo se ne è andato adesso, con sei mesi di ritardo, dopo essere stato costato 6 milioni lordi di ingaggio anche nella stagione in corso, senza mai giocare, e non avendo portato nulla nelle casse bianconere.
Questa Juve, insomma, è in tutto e per tutto di Paratici: negli acquisti, negli ingaggi, nelle mancate cessioni, nell’allenatore. Riuscisse a non vincere, sarebbe un bel guaio.
@steagresti
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