commenta
Domani l’Italia intera e non soltanto Genova vestirà gli abiti a lutto per pregare e per riflettere sul suo “ground zero” provocato non da menti malate e terroristiche, ma dalla distrazione colpevole di responsabili “irresponsabili” per il buon funzionamento del Paese. Domani tornerà in scena il campionato di calcio con due appuntamenti di assoluto appeal popolare. A Roma la Lazio contro il Napoli per una sfida già di vertice. A Verona, con il Chievo a ospitare la Juventus, quella che dovrebbe essere la “festa” più bella caratterizzata dall’esordio del “marziano” Cristiano Ronaldo. Due momenti, l’uno a breve distanza dall’altro, di indiscutibile valenza emotiva. Anche due situazioni stridenti, però, che francamente mi suggeriscono l’immagine drammaticamente paradossale di chi presenzia a un funerale e successivamente partecipa ad un divertente varietà senza neppure essersi cambiato l’abito.

Dico subito, per evitare fastidiosi fraintendimenti, che non sarei stato d’accordo con la possibile sospensione del campionato. Un atto che, già sperimentato in più di una occasione, alla fine ha sempre lasciato in bocca lo sgradevole sapore dell’ipocrisia istituzionalizzata e della partecipazione più che altro formale. Bene hanno fatto Ferrero e Preziosi a chiedere e a ottenere il rinvio ad altra data delle gare in programma per Samp e Genova. Un atto dovuto per onorare le vittime e i poveri resti dei morti non ancora trovati sotto le macerie di quel ponte sul quale potevamo trovarci tutti al momento del crollo.

Un gesto di rispetto verso quelle 636 persone che ancora non possono sapere dove e quando potranno avere una nuova abitazione. Un dolente omaggio a Genova colpita a morte. In quanto al resto, andranno benissimo il lutto al braccio dei giocatori e il minuto di silenzio negli stadi.
Ciò che, invece, mi pare ingiusto e anche poco elegante è il fatto che né a Campedelli e né a Lotito sia venuta in mente l’idea di chiedere lo spostamento delle partite non a data da destinarsi ma appena di 24 ore per evitare che nello stesso giorno del dolore nazionale si dovesse celebrare un evento di grande gioia.

Una mancanza di riguardo verso il concetto e la pratica di quella umana pietas della quale ormai sembriamo quasi del tutto sprovvisti. Una soluzione che, tra l’altro, non avrebbe portato danni agli interessati ma che al contrario, giocando domenica anziché nel sabato di meditazione e di preghiera, avrebbe consentito agli stessi appassionati di potersi godere specialmente il “CR7 Day” con animo più sereno anche se non del tutto sgombro dal peso della tragedia avvenuta.

Probabilmente sia Campedelli sia Lotito, per un breve istante, hanno anche pensato all’eventualità di chiedere un rinvio al giorno dopo. Ma, se così è stato, il loro proposito serio e lodevole è andato a frantumarsi contro il muro impenetrabile della perversa logica delle necessità televisive per la cui salvaguardia economica i nuovi padroni della nostra vita quotidiana non hanno scrupoli nel calpestare anche il diritto al silenzio che dovrebbe spettare a ciascun cittadino ed essere umano in un giorno davvero ben poco indicato per una festa. L’esordio di Ronaldo sul grande palcoscenico del calcio italiano avrebbe meritato un trattamento decisamente diverso.