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Come sempre ha ragione il vecchio saggio Giovanni Trapattoni quando insiste nel ricordare a ciascuno che “Non bisogna dire gatto fino a quando non l’hai nel sacco”. Un proverbio, sempre attuale, che avrà fatto fischiare le orecchie di Matteo Salvini e di Maurizio Sarri insieme a quelle di tutti i giocatori della Juventus ieri sera e poi durante la notte appena trascorsa. Gli italiani stamane si sono svegliati con due certezze che, fino a ieri, parevano traballanti. L’Emilia Romagna, cioè la sua gente, non ha alzato bandiera bianca per arrendersi alle invasioni barbariche dell’esercito leghista guidato da Matteo Salvini. Il campionato di calcio italiano non è per nulla “finito”, come qualcuno immaginava, e quello della Juventus padrona è un film che non si ripeterà, almeno non quest’anno.

Il principe della propaganda politica è stato costretto a prendere atto che l’italiano o almeno una certa tipologia di cittadino non ha l’anello al naso e che non è sufficiente urlare più forte o tentare di stupire con atteggiamenti da Marchese del Grillo per ottenere il consenso popolare. La regina degli scudetti ha dovuto verificare che la “noblesse” talvolta non “oblige” gli avversari a farle da tappetino rosso per la propria passerella. Le consultazioni regionali che profumavano innegabilmente di verdetto nazionale hanno premiato il presidente uscente Bonaccini e, con lui, il centro sinistra guidato dal prudente Zingaretti. Un risultato al quale hanno contribuito con il loro peso di novità le “sardine” le quali ora dovranno per forza uscire dall’equivoco della loro posizione “non politica”. La partita di Napoli, per la Juventus, è stata una tappa non certamente di resa ma caratterizzata dal suono di un allarme che non può essere ignorato. Non soltanto l’Inter per la volatona, ma soprattutto la Lazio di Inzaghi con i sui corsari.

Alla base del doppio impasse, quello politico e quello sportivo, per entrambi gli sconfitti di ieri c’è un grave peccato di superficialità misto a presunzione. Salvini non ha fatto i conti con una parte d’Italia che, stufa di urla e di minacce e di odio, ha dato ragione alla saggezza del parlare sottovoce con educazione e senza tanti effetti speciali. La Juventus e Sarri hanno dimostrato che il blasone e le grandi star non bastano se poi in campo ci si comporta con calligrafica sufficienza e con alterigia. Non se davanti trovi un avversario istruito da un allenatore umile e tosto e silenzioso come Rino Gattuso. Lui, Comandante a Napoli per una notte.