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Ottomila lavoratori ai quali vanno aggiunti i tremila che operano nella sezione di fornitura. Altrettante famiglie, naturalmente, a comporre il numero di una collettività la quale è degna della definizione di popolazione la quale mantiene viva e funzionale quella che, vista dall’alto, sembra un’astronave aliena atterrata nel bel mezzo di una distesa coltivata a grano e ingentilita da un mare di papaveri rossi.

E’ la Fiat, oggi Fca, di Melfi dal cui stabilimento escono “500x” e “Renegade”, in numero però sempre minore, pronte per il mercato. Un fiore all’occhiello per la casa automobilistica torinese che, con il passare degli anni, è un poco appassito e che oggi, dopo la “fuga” negli Stati Uniti voluta da Elkann e Marchionne, sta addirittura rinsecchendo. A farne le spese, con cassa integrazione e mobilità coatta, sono i soliti noti. Uomini e donne di quella classe operaia alla quale, negli Anni Settanta, veniva fatta la promessa del “Paradiso” forse perché sulla Terra facevano una vita di palta. La musica, malgrado rassicurazioni assortite, non è cambiata e per i lavoratori di Melfi arrivare a fine mese è spesso un lusso.

L’annuncio dell’arrivo di Ronaldo alla Juventus, la quale, nonostante il giochino ufficiale delle matrioske, è pur sempre una costola della Famiglia, con i suoi beni e soprattutto con le cifre spaziali messe sul tavolo per assicurarsi il giocatore di pallone più forte al mondo, hanno provocato la reazione dei lavoratori. I quali, per protesta, hanno deciso attraverso la loro organizzazione sindacale di percorrere la strada della lotta dura. Il giorno deputato alla presentazione ufficiale di Ronaldo a Torino, nella fabbrica di Melfi nessuno si presenterà per lavorare. Un messaggio molto netto al “padrùn” che non porta più le “braghe bianche” ma che egualmente a livello simbolico pasteggia con ostriche e champagne sullo yatch davanti all’isola di Kalamata, mentre quelli che producono per lui tirano la cinghia. Una scena, purtroppo, vecchia come il mondo dopo la rivoluzione industriale.

Commentare e dare un senso a un evento di questo tipo non è certamente facile. L’argomento è quanto mai delicato e persino scivoloso perché è enorme il rischio di cadere nella dietrologia, nella demagogia e nel populismo. L’unica cosa certa di cui è possibile dire senza la preoccupazione di venire smentiti è che Ronaldo, in quanto anche lui “lavoratore” in un mondo abnorme e spesso assurdo, non ha alcuna responsabilità diretta nella vicenda. Del resto il Consiglio di Fabbrica della Fca, nel documento rilasciato per annunciare lo sciopero, non si sogna minimamente di tirare in ballo il giocatore, ma gli autori di una strategia aziendale e globale che provvede ad arricchire ancora di più i già ricchi e di impoverire ulteriormente i già poveri.
Ferme restando le legittime istanze degli operai in lotta i quali, si badi bene, non protestano per lo specifico acquisto del campione bianconero ma per l’attenzione sempre più flebile e distratta della proprietà rispetto agli investimenti, alla produzione e quindi al reale dovuto anche retributivo che dovrebbe esistere tra imprenditore e forza lavoro, il “caso Melfi” si offre ad una doppia lettura. Doppia, lo sottolineo, ma non ambigua.

Intanto nulla vieta immaginare che gli stessi operai della Fca siano anche appassionati di calcio e tifosi della Juventus. I figli e i nipoti del lavoratori Fiat di Mirafiori e Lingotto erano coloro ai quali l’Avvocato “regalava” costosissimi campioni come Anastasi, Capello, Haller e Bettega. I quali, la domenica, provvedevano a stemperare nel brodo del divertimento parte delle incazzature da catena di montaggio. Accadrà anche per Ronaldo. Così come nulla vieta all’azionista di riferimento di una società per azioni come la Juventus di investire il proprio capitale come meglio pesa di poter fare. Sotto questo punto di vista l’arrivo di Ronaldo darà sicuramente una spinta all’economia locale e non soltanto attraverso la possibilità di nuove occupazioni in diversi settori quali i turismo e il merchandising, ma soprattutto se si deciderà per l’ampliamento dello “Stadium”.

Il punto, quello vero e sostanziale, sta dunque non nell’operazione Ronaldo o nella reazione operaia che comunque ha già ottenuto il suo primo scopo di visibilità in quanto ne sta parlando tutto il mondo. Il punto,quello vero e sostanziale sta semmai nella assoluta necessità di ridimensionamento di un pianeta davvero esagerato come quello del calcio dove pare non esistano più limiti etici a contrastare la follia e di conseguente restringimento della forbice che allontana crea una voragine tra una classe manco più borghese da quella manco più proletaria. A ciascuno il suo e a tutto ciò che spetta. Secondo i canoni pensati da Latouche per quella “decrescita felice” che non è un’utopia, ma una necessità sociale.