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Un pezzo su Roma-Juve che parli anche (e ancora..) della sostituzione di Dybala può apparire tardivo dopo la bella prestazione dei bianconeri in Coppa contro l’Udinese e a ridosso della partita di campionato contro il Parma. Il problema è che mercoledì 22 gennaio Juve e Roma si incontreranno di nuovo, e stavolta sarà gara secca, valida per l’accesso alla semifinale di Tim Cup. Si gioca a Torino, ma questo non risolverà di certo tutte le difficoltà evidenti palesatesi all’Olimpico domenica scorsa.
Non vi inganni il risultato. Non dite che Dybala ha giocato bene per un assist su punizione, un tunnel e un rigore procurato. Per la prima volta in campionato la Juve di Sarri è stata messa sotto sui suoi stessi princìpi, e soltanto un accorgimento tattico (per me azzeccatissimo) immediatamente successivo al gol dei giallorossi ha permesso alla squadra di portare a casa tre punti fondamentali. Sarri è stato umile e intelligente al momento opportuno (o quasi opportuno), e togliendo a malincuore Dybala ha risolto con lucidità una situazione che sembrava ormai compromessa. Vediamo perché l’intoccabilità di Ronaldo c’entra solo in parte con la sostituzione del numero 10 all’Olimpico.
 
IL PALLEGGIO DI FONSECA - Per la prima volta in campionato la Juve ha subito il palleggio degli altri. Non solo: quel che più impressiona non è tanto il dato complessivo (55% Roma vs 45% Juve), ma quello relativo alla supremazia territoriale. Infatti di quel 45% lì, soltanto il 31% è stato palleggiato nella metà campo avversaria. Al contrario la Roma produceva il 52% del totale tutta proiettata nella metà campo bianconera. Signora detronizzata. Chiaramente affermazioni come “..era normale che la Juve si abbassasse dopo aver ottenuto il 2-0 in pochi minuti” e simili sono tutte chiavi di lettura anacronistiche e poco centrate, se pensiamo all’indole e ai principi di gioco di Sarri. Qualcosa insomma non ha funzionato. E ci sarebbero mille esempi.



La Juve non ha saputo prevedere e rompere le linee di palleggio dei padroni di casa. È stato questo che l’ha fatta abbassare. La Signora non riusciva a pressare alto perché la costruzione di Fonseca è molto complessa ed evoluta. Molto variegata. I terzini salgono in ampiezza massima e dentro al campo scendono a palleggiare tutti gli attaccanti del 4-2-3-1, con grande armonia di movimenti. Guardate in questo caso chi va in zona play: Perotti, a cui libera lo spazio il mediano Veretout, apertosi in fascia tra centrale e terzino.  La Juve si raccoglie centralmente per evitare imbucate e Perotti allora scarica sull’uomo libero.  



Rabiot esce, accorcia su Veretout che si accentra, mentre Perotti taglia di nuovo verso la sua posizione di partenza, attraendo a sé la corsa di Ramsey. Si nota già la debolezza creata dal palleggio dei giallorossi lungo l’asse centrale dei bianconeri.



Veretout, su cui non può esserci pressione forte, pesca con agio Diawara. L’ex Napoli si trova ormai al di là dei due attaccanti juventini, e senza più Ramsey nei paraggi.  



Manipolata la prima linea di ‘pressione’, la Roma può sfruttare i limiti strutturali del 4-3-1-2. Matuidi, a meno di lasciare un’imbucata per Pellegrini, non può uscire forte su Under, che se notate è andato a occupare una posizione simmetrica a quella di Perotti. Kolarov e Florenzi nel frattempo tengono bassi i terzini della Juve, e la Roma sale palleggiando.     



IL PRESSING ALTO DELLA ROMA- Efficace, per gran parte della partita, la qualità del pressing della Roma. E questo argomento sappiamo quanto sia complementare al palleggio, se si vuole esercitare dominio vero e supremazia territoriale. Pellegrini era praticamente a uomo su Pjanic e il baricentro della squadra di Fonseca era bello alto sul possesso avversario (55,92 m rispetto ai 41,39 della Juve). Veretout e Diawara, dominatori indiscussi sulle respinte della difesa bianconera, erano pronti a ripulire i palloni reimmettendoli nel flusso di gioco dei giallorossi. Francamente ricordo solo un tiro in porta di Ronaldo nel primo tempo, se togliamo le situazioni da fermo da cui sono nati i due gol della Juve.   



LA MOSSA DI SARRI -  Per capire la sostituzione di Dybala nella ripresa, basta considerare il fatto che nel quarto d’ora centrale del secondo tempo, quello in cui la Juve ha subito il gol, il divario tra il possesso della Roma e quello dei bianconeri ha raggiunto la forbice massima (4’15 vs 2’37). Ramsey non ne aveva più, la squadra si stava allungando ed era una partita intera che il 4-3-1-2  non funzionava. Lasciando Dybala in campo (con o senza cambio di modulo) la Juve si sarebbe andata a incasinare in una fase della gara e dell’anno molto delicata. Un rischio eccessivo anche per un allenatore coraggioso come Sarri. Sicché il mister, forse anche un pelo in ritardo, ha tolto Ramsey e Dybala per Danilo e Higuain. Un 4-3-3 scelto per difendere meglio un po’ dappertutto e soprattutto per irrobustire la fascia destra. Rabiot, con al fianco Cuadrado, tornava a uscire solo centralmente, e il Pipita era pronto a raddoppiare e infastidire i play della Roma.   
 


Ecco finalmente qualche pallone ‘coperto’ da uscite più semplici: corse meno lunghe e dispendiose per tutti. Tempi di gioco ridotti per i giallorossi.



Poi l’ampiezza. Questa diagonale salvifica di Cuadrado (da esterno alto) mostra tutta l’oculatezza della mossa di Sarri. Dzeko non riesce a servire l’inserimento di Kolarov.   



Infine va anche precisato che, tolto Dybala e con Cuadrado nel tridente, la Juve nel finale ha acquisito la possibilità concreta di segnare il 3-1 in contropiede, sfruttando le debolezze della struttura difensiva della Roma proiettata nella metà campo bianconera. È noto infatti che la squadra di Fonseca, quando sale col palleggio, lascia solo i due centrali dietro. Sarri, schierando un tridente veloce (ma al tempo stesso ‘difensivo’), ha creato presupposti e di fatto occasioni di controgioco in superiorità numerica.