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C'è una leva speciale che in casa Juve si sta custodendo gelosamente, costruita negli anni e poi via via rinforzata. È la leva 1997, gli ultimi della lista sono Orsolini e Bentancur, ma il lavoro comincia ben più indietro negli anni. E il capitano di questo gruppo, alla Juve come in Nazionale, è storicamente Filippo Romagna (foto Brescia Oggi), intervistato in esclusiva da ilBiancoNero.com: ora in prestito al Brescia ma tra i volti nuovi anche dell'ultimo stage di Coverciano agli ordini di Gianpiero Ventura, a premiare una seconda parte di stagione d'altissimo livello con le Rondinelle. “Non me l'aspettavo proprio questa convocazione. Me l'hanno comunicata appena prima della partita con la Spal, avevamo la riunione tecnica poi arriva il direttore Castagnini dicendo che doveva parlarmi. Lì per lì mi son pure preoccupato, temevo di aver fatto qualcosa di sbagliato anche se non mi sembrava. Poi mi hanno detto della convocazione di Ventura, mi son girato verso il mister e ho chiesto se fosse uno scherzo...Infine ho realizzato e ringraziato tutti. Non dimenticherò mai quel momento”.

 

E dello stage cosa è rimasto?

“Una bellissima esperienza, che penso sia servita a tutti. Il confronto con giocatori così forti è sempre stimolante, il ha trattato col massimo del rispetto anche tutte le società. Siamo stati divisi per reparto ed abbiamo lavorato quasi esclusivamente a livello tattico, posso confermare per esperienza diretta che non c'è nessun rischio o stress supplementare. Solo un'esperienza importantissima ad ogni livello”.

 

Il premio per una stagione in crescendo...

“Sì, anche inaspettato. A Brescia ho trovato continuità, mi son trovato bene da subito. C'è un gruppo bello, con tanti giovani ma già maturi. I vecchi poi sono bravissimi, hanno esperienza e sanno come metterci a nostro agio. L'impatto è stato ottimo da subito, sono entrato nei sistemi di gioco in fretta e sono contento di avere fatto questa scelta. Anche a Novara mi son trovato bene, ma il problema vero è che non sono stato utilizzato, non ho ricevuto la considerazione in termini di utilizzo che mi aspettavo e speravo di meritare. Ci sta, ognuno lo vede a modo proprio. Si può piacere e non si può piacere, e comunque quei mesi mi son serviti perché son cresciuto tanto e mi ha permesso di arrivare pronto al Brescia”.

 

Cosa chiedi al resto della stagione?

La salvezza, mi prima di tutto. Purtroppo in questo campionato non ci si può mai sentire tranquilli, anche se i risultati ora ci stanno dando ragione. A livello personale penso di dover ringraziare molto sia mister Brocchi che Cagni, entrambi mi hanno insegnato tanto e pur essendo molto differenti entrambi mi hanno dato fiducia. Non smetterò mai di ringraziarli. Ed ora penso solo a raggiungere la salvezza, vorrei poter partire per il Mondiale Under 20 con la serenità di un obiettivo già raggiunto”.

 

Un passo indietro: la Juve. Come è nato l'amore?

“A prima vista. Ma dall'interno. Da bimbo tifavo timidamente Milan, più che altro perché Nesta e Pirlo erano i miei idoli. Poi una volta dentro al mondo Juve cambia tutto, bastano pochi giorni per capire quanto sia speciale e diversa da ogni squadra. Gli anni vissuti nel vivaio bianconero sono stato fondamentali, formativi sia dal punto di vista umano che calcistico”.

 

A 14 anni la prima svolta. L'Inter arriva prima, ma poi vince la Juve. Com'è andata?

Giocavo a Rimini, avevo già fatto tre provini con l'Inter andati bene ma non me la sentivo di lasciare subito casa mia e la famiglia. Così, rifiutai. Poi un giorno mi si presentano a casa Pessotto e Rossi, la Juve era venuta direttamente a casa mia. Colloquio con i miei genitori per spiegare il progetto. C'è da dire che io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia meravigliosa, i miei genitori han lasciato scegliere me. E rifiutai anche la Juve. Poi però mi han convinto a fare almeno tre giorni di prova. Devo dire che son stati proprio bravi: il giro allo stadio, la prima squadra, la struttura, gli allenamenti. Poi è arrivato Del Piero che mi ha regalato la maglia e mi ha detto 'Scegli bene, eh...', sorridendo. In quel momento ho deciso di accettare, in quel momento son diventato juventino. Tra l'altro quell'anno anche Pirlo si stava trasferendo alla Juve, quindi...”.

 

Il primo passo per quella leva '97 su cui la Juve sta investendo tanto.

“Sì, abbiamo costruito negli anni un gran bel gruppo. Abbiamo anche una chat su whatsapp con i ragazzi della prima annata, ai tempi Giovanissimi nazionali e ci sentiamo sempre, con Clemenza e Parodi in particolare sono grande amico. Poi negli anni abbiamo vinto tanto e strada facendo sono arrivati altri giocatori davvero importanti, penso ad esempio a Favilli e Cassata che son sicuro avranno un grandissimo futuro. Così come anche i miei compagni di Nazionale Di Marco e Meret”.

 

Cosa significa arrivare fino alle porte della Juve 'dei grandi'?

“Ti accorgi che sei veramente fortunato. Capisci come si diventa calciatori di questo livello, capisci perché la Juve vince tutto. È prima di tutto una questione di mentalità, la vedi dagli allenamenti, c'è una fame anormale. Questo è il fattore che ti colpisce subito. Oltre ovviamente alle grandi qualità di giocatori di livello mondiale, è bellissimo allenarsi con loro. Fai fatica ma impari molto anche solo con un consiglio, un rimprovero un complimento”.


Come si vive un anno intero perso per infortunio?
"Mi è capitato al secondo anno di Primavera. Ho chiuso da sottoleva la prima stagione con un problema al ginocchio, poi quella successiva un infortunio muscolare dietro l'altro mi ha costretto a perdere quasi un campionato. Non era niente di grave, più che preoccupazione provavo rabbia. Mi allenavo bene, due-tre settimane e poi mi fermavo. Arrivavo in prima squadra, rientravo in Primavera e poi dovevo di nuovo bloccarmi. E' stata dura, ma mi è servito anche questo per crescere soprattutto a livello mentale".
 

Da fuori, come la vedi questa stagione? È l'anno buono?

“Speriamo, davvero. Sicuramente la Juve ha tutto quello che serve per arrivare in fondo e vincere tutto”.

 

Ora c'è il Monaco di Mbappè. Uno che conosci bene...

“Sì, abbiamo giocato contro nella finale dell'Europeo Under 19. Abbiamo perso 4-0, lui era imprendibile. Un anno in meno di noi, eppure immarcabile. Ci sembrava un fenomeno, poi in questa stagione si sta confermando tale anche in Champions League. Noi non siamo riusciti a fermarlo, penso però che la Juve abbia campioni tali da poter fermare chiunque al mondo”.

 

Spesso si fa il paragone Romagna-Bonucci. Come suona?
“E' un grande onore prima di tutto. In tanti dicono che ci assomigliamo, io sono nato centrocampista e poi proprio alla Juve negli anni ho lavorato per diventare un difensore centrale. Mi piace impostare, mi trovo bene sia in una difesa a tre che a quattro. Le caratteristiche sulla carta sono simili, ma so di dover lavorare ancora tanto per poter sostenere un paragone simile”.

 

In futuro la Juve è un obiettivo?
“Penso sia giusto puntare sempre al massimo, quindi perché no? Al futuro ora come ora non penso, ho una salvezza da conquistare col Brescia e poi il Mondiale Under 20, non so dove sarò la prossima stagione. Ma il mio sogno, il mio obiettivo, è quello di lavorare e crescere per poter un giorno tornare alla Juve”.  

@NicolaBalice