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Max Allegri non aveva lasciato la Juve da un giorno all'altro. Certo, tirava aria di cambiamento già da un po'. Anche perché la stagione 2018/2019 aveva preso una piega tale da consentire di effettuare ragionamenti con grande calma, intesa come tempo a disposizione più che con la dovuta serenità. Prima stagione di Cristiano Ronaldo, iniziata in campo in maniera trionfale ma passata dalla bufera della separazione con Beppe Marotta già a ottobre e il passaggio al timone di Fabio Paratici. Sul campo la Juve domina, il campionato è di fatto vinto in carrozza già a febbraio, l'assalto alla Champions sembra possibile e la remuntada sull'Atletico Madrid rappresentava la spinta decisiva: invece fu l'inizio della fine, troppi infortuni e zero energie, l'ultima parte di stagione scivolò via mestamente con il tormentone Allegri. Alla fine ha vinto il partito di chi ha voluto cambiare indipendentemente dall'alternativa, sfumato Zinedine Zidane invece Andrea Agnelli avrebbe voluto tenerlo. Ma la distanza progettuale era troppa: Allegri aveva chiari i cambiamenti (radicali) che la rosa avrebbe dovuto sopportare per rigenerarsi, sapeva anche che il fuoriclasse Ronaldo non era in realtà l'uomo adatto per la Juve e che con CR7 alla fine i contro avrebbero prevalso sui pro. Ma su Ronaldo la Juve aveva puntato tutto e per lui era pronta a tutto, con Paratici in prima linea nel perseguire questa strada, anche a costo di arrivare alla rottura con Allegri, anche a costo di dover fare salti mortali per fare in modo che l'investimento potesse rientrare a bilancio nonostante l'impennata (inevitabile) del monte ingaggi. Impresa diventata insostenibile una volta per tutte dopo l'esplosione della pandemia. Agnelli aveva avvertito in sede di conferenza stampa d'addio (arrivederci) di Allegri: non amava gli yes-man, ma poi ci si deve assumere le proprie responsabilità. E dopo due anni si ritorna al punto di partenza, invertendo il ruolo di vincitore e vinto: fuori Paratici, dentro Allegri. Con pieni poteri o quasi.

E MAROTTA... - In realtà forse bisogna compiere un passo indietro ancora per capire che in casa Juve sia ormai emersa la consapevolezza di avere sbagliato più di una decisione. Ormai completamente stravolto al termine del ciclo triennale quell'assetto societario ridisegnato dopo la decisione di tagliare fuori Beppe Marotta: due capo-area su tre hanno salutato (Marco Re lo scorso luglio, Paratici ora), anche il segretario Maurizio Lombardo è andato via, nel frattempo è cambiato l'assetto attorno all'Under 23 (via Filippo Fusco la scorsa estate). E più in generale ora si sta concretizzando la volontà di ricreare una posizione per un amministratore delegato forte, al di là della promozione interna di Federico Cherubini e gli altri. L'era CR7 e del post Marotta in tre stagioni ha portato comunque due scudetti, due Supercoppe e una Coppa Italia, di sicuro i fallimenti sono diversi anche se in Champions la Juve ha fatto passi indietro e i conti sono quelli che sono: ma le scelte sono state sbagliate, Agnelli ed Elkann lo hanno capito, allora la Juve cambia e volta pagina. Tornando indietro, almeno fino al punto in cui si era interrotto il discorso con Allegri.