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Richiesta di condanne abnorme, alla luce di un contesto probatorio che secondo quanto emerso non sembra giustificarla. Anche perché a livello di giustizia ordinaria nulla è stato addebitato a carico della Juventus, visto che le posizioni che la riguardavano (sia a livello di società che di singoli)  sono state archiviate. Ma si sa, quando c’è in ballo la Juve e quando la Giustizia sportiva ha a che fare che la Juve la situazione cambia. Spinta da un accanimento mediatico di certa stampa e Tv che invoca il giustizialismo più duro possibile. Stiamo parlando, lo avete capito, del processo per il presidente Andrea Agnelli e per la società riguardo i presunti rapporti con gli ultrà. Il procuratore federale Pecoraro è stato severissimo nelle richieste.

In molti hanno sostenuto che doveva fare la sua parte di accusatore senza sconti ed è in parte vero. Ma visto cosa è successo con la sua deposizione all’Antimafia, e poi le scuse dell’interessato dopo il caso dell’intercettazione fantasma, qualche perplessità emerge. Trenta mesi di inibizione per Andrea Agnelli sono tantissimi come davvero afflittiva oltremisura pare la richiesta di due giornate di squalifica dello Stadium. Ci sembra di vedere in questa requisitoria la rabbia per non aver potuto, leggi federali alla mano, richiedere una penalizzazione di punti in classifica che sarebbe stata il vero obiettivo per infliggere un colpo decisivo alla stagione dei bianconeri. In buona sostanza: se non li fermiamo sul campo o li penalizziamo in graduatoria allora giù con la mannaia della squalifica a livello personale (con gogna mediatica annessa) e dello Stadium che (è notorio)  rappresenta una delle forze di questa squadra, un plus valore che nessuno ha. 

Una società non può controllare tutto e tutti ma una cosa è certa e non riguarda certo la Juventus.  Quel signore che ha ucciso Ciro Esposito prima della finale di Coppa Italia a Roma tra Napoli e Fiorentina e “Genny la carogna” leader storico degli ultrà partenopei non pagavano il biglietto di ingresso allo stadio, come non lo pagavano i due ultras che davanti alle telecamere di tutto il mondo fecero irruzione in campo all’Olimpico, costringendo le società e l’arbitro alla sospensione del derby capitolino. Come non lo pagava il figlio del boss che assisteva alle partite del Napoli dietro una delle porte a bordo campo al San Paolo.

Se si vuole fare chiarezza lo si faccia ma la legge valga per tutti, alla stessa maniera. Le società coinvolte in quei casi  non hanno avuto nessuna conseguenza. Per la Juventus è invece necessaria la mano pesantissima, esattamente come accaduto alll'epoca di Calciopoli, salvo poi  anni dopo dire anni dopo e ha frittata cucinata che “forse ci eravamo sbagliati e siamo stati troppo severi”. Aspettiamo il verdetto del 25 settembre ma dire con serenità è esagerato. Anche un esperto di diritto sportivo e calcistico come Mattia Grassani, che in passato non ha fatto sconti alla Juventus, ha detto che la richiesta di condanna per Agnelli è spropositata. La società bianconera è serena e invece la tifoseria è in fermento e se ci fosse la conferma di queste assurdo teorema accusatorio le proteste, questa volta, saranno eclatanti.