Di seguito, i temi principali della puntata di Report trascritti da ilBiancoNero.com.
'NDRANGHETA IN CURVA - La puntata parte dal 16 luglio 2018, giorno dello sbarco in Italia di Cristiano Ronaldo per le visite al J Medical. "A noi però interessa l'uomo al suo fianco, il security manager della Juventus Alessandro D'Angelo". Si torna così al 21 aprile 2013, a Juve-Milan di scena allo Stadium: in Curva Sud spunta uno striscione nuovo: "I Gobbi". Secondo la Procura di Torino è un segnale: significa che la 'ndrangheta è ufficialmente entrata nella Curva della Juve. Rocco e Saverio Dominello, boss della cosca Pesce-Bellocco, si sono accordati con gli altri gruppi della Curva e sono entrati nel business del bagarinaggio. Si passa così alla rassegna dei gruppi organizzati della Juve: i Drughi guidati dal pluripregiudicato Dino Mocciola, i Bravi Ragazzi gudati da Andrea Puntorno vicino al clan "Li Vecchi", i Viking guidati da Loris Grancini vicino al clan "Rappocciolo", i Nucleo 1985 e i Tradizione Bianconera gestiti dai fratelli Toia. "Quello non è uno striscione, è un contratto tra famiglie", riporta il servizio.
IL SUICIDIO DI BUCCI - Si arriva così al 7 luglio 2016, giorno del suicidio di Raffaello Bucci, detto "Ciccio". "Era stato una sorta di ministro delle finanze del più grande gruppo ultras, i Drughi. Per anni ha gestito il bagarinaggio, milioni di euro. Nonostante questo, la Juve nel 2013 lo sceglie come vice supporter liaison officer, l'uomo che cura i rapporti tra società, tifosi e forze dell'ordine. Lo SLO ufficiale sarebbe Alberto Pairetto, fratello di Luca arbitro di Serie A e figlio d'arte di Pierluigi, ex arbitro e designatore travolto da Calciopoli". Raffello Bucci il giorno prima era stato ascoltato dai magistrati che indagavano sui rapporti tra ultras, Juve e 'ndrangheta. "Mi sono trovato davanti ad un'autopsia totalmente sprovvista di una qualunque documentazione fotografica o di filmati, non c'era nulla", spiega il legale dell'ex compagna di Bucci, Paolo Verra. "Il fatto che loro non le abbiano o che non gliele ho date, o che le hanno perse, ma io non sono sicuro di avergliele date", commenta l'anatomopatologo della Procura di Cuneo Mario Abrate. Una foto però c'è, e l'ha scattata la sorella dell'ex compagna di Bucci con il telefonino in camera mortuaria. "Era in condizioni disastrose", dichiara la stessa Gabriella Bernardis (ex fidanzata di Bucci): "Qui si vedeva che era stato pestato". L'ipotesi del pestaggio prima del suicidio è sostenuta anche da una perizia redatta da un anatomopatologo, Raffaele Varetto. "C'è un taglio profondo, sanguinante, che non è compatibile con la caduta", spiega Paolo Verra.
GLI OCCHIALI DA SOLE - Nell'ospedale in cui viene portato Bucci scompaiono i suoi occhiali da sole, che presentavano dei "residui di materiale organico". Dai verbali si evince che Bucci non indossava gli occhiali al momento del salto, ma in mezzo alla fronte presenta un graffio da montatura. Secondo la perizia questo potrebbe essere causato da un ferimento precedente alla caduta dal ponte. "Questi occhiali sono stati riconsegnati all'ex compagna di Bucci in busta chiusa sigillata", aggiunge Verra: "Chi li ha portati non lo so. Si sono presentati presso l'ospedale di Cuneo dei soggetti che si sono qualificati come dipendenti Juventus". I primi due ad arrivare in ospedale sono Stefano Merulla, responsabile ticketing della Juventus e Alessandro D'Angelo. Con loro si presenta una non meglio precisata amica di Bucci e chiede che le vengano consegnati il telefono e tutti gli effetti personali. E' l'Avvocato Maria Turco dello Studio Chiusano, che da sempre difende gli interessi della Juve e della famiglia Agnelli. Interpellata dall'inviato di Report Federico Ruffo, il legale risponde: "Detto tra di noi questa situazione l'ho già capita abbastanza. Io quello che dovevo fare è stato accompagnare delle persone che non erano in grado di guidare vista la notizia. Io non ho chiesto il cellulare a nessuno".
LA VERSIONE DA DIRE AI MAGISTRATI - Si prosegue poi con l'intercettazione di una conversazione tra Stefano Merulla all'ex compagna, a distanza di un anno: "Quella sera io mi ricordo che lui era seduto sul divano e facevamo anche un po' scherzando le domande che avrebbe potuto fare il PM visto che delle cose le aveva chieste anche a me. E quindi facevamo, diciamo, domanda e risposta, puoi dire così e puoi dire cosà, qui puoi non andare nello specifico. E facevamo, non un gioco, ma un modo per sdrammatizzare ciò che sarebbe successo". Però Merulla, nella sua deposizione ai magistrati, non abbia raccontato questo episodio.
IL MISTERO DELL'AUTO - Poi c'è l'auto della Juventus, in leasing. Vengono scattate subito delle foto per repertare gli oggetti al suo interno: quasi nulla. Ma quando qualche giorno dopo D'Angelo riconsegna gli oggetti personali all'ex compagna di Bucci, compaiono le chiavi di casa e il borsello in cui teneva i documenti importanti. Secondo la Squadra Mobile di Torino, sull'auto di Bucci dopo il suicidio hanno messo male dei dipendenti della Juve: prima Matteo Stasi, poi Daniele Boggione. E' quest'ultimo che dice di aver trovato chiavi e borsello, che però nelle foto scattate il giorno del suicidio nel posto da lui indicato non c'erano. In seguito viene trasmessa l'intercettazione, già anticipata, della conversazione tra D'Angelo e Francesco Calvo, ex direttore commerciale della Juventus ("Non ci credo, lo ha ammazzato", piange D'Angelo: "Era terrorizzato ieri, sembrava che lo dovessero ammazzare da un momento all'altro perché ha parlato coi PM").
BUCCI INFORMATORE DEI SERVIZI SEGRETI - L'inviato di Report intercetta Beppe Marotta, chiedendogli se può fargli qualche domanda "sulla morte del vostro vecchio dipendente Raffaello Bucci", ma l'ex a.d. della Juve non risponde. Anche il telefono di Bucci era sotto controllo, per due lunghi anni, con un solo buco: le tre ore in cui lo stesso Bucci ha deciso di suicidarsi. Dalla Procura di Torino non hanno registrato un solo secondo, a causa di uno sbalzo di corrente. Ma nel telefono si nascondeva a quanto pare il segreto più grande di tutti: Raffaello Bucci era un informatore dei Servizi Segreti. L'ultimo messaggio tra Bucci e l'agente è 48 ore prima di uccidersi: "Sono certo che la mia posizione è bruciata". Bucci aveva dato informazioni sulla presenza dei calabresi in Curva, era stato collaboratore dal 2010 al 2015, ma l'sms ritrovato nel cellulare fa pensare che avesse collaborato fino all'ultimo con l'agente.
LE SCHEDINE VINCENTI - Report, tramite l'ex compagna di Bucci, è entrato in possesso della scatola con gli effetti personali di Raffaello: quattro telefoni cellulari, qualche scheda e ricevute di giocate al Lotto, tutte vincenti. E ancora centinaia di Gratta e Vinci e Superenalotto, tutti vincenti: in un caso avrebbe giocato nel giro di poche ore venti volte lo stesso numero, il 74, vincendo sempre. Il sospetto è che Bucci abbia riciclato i proventi del bagarinaggio dei biglietti della Juve ricorrendo ad un metodo brevettato dalla 'ndrangheta: attraverso la ricevitoria compiacente il vincitore viene pagato con i soldi di chi deve riciclare, che a quel punto entra in possesso della schedina vincente, diventa l'intestatario e incassa la cifra. Nei sette giorni precedenti alla morte di Bucci, inoltre, c'è un'improvvisa impennata del denaro.
'NON SI È SUICIDATO' - A quel punto viene intervistato un ex membro dei Drughi: "Sono inc... nero. Perché secondo me non si è suicidato. Ciccio è stato uno stupido. Non aveva bisogno di soldi, ok? E sapeva benissimo la m... con cui aveva a che fare".
MOCCIOLA E BONUCCI - Viene poi citato il rapporto con il capo dei Drughi Dino Mocciola, che secondo un rapporto della Digos nel 2014 aveva già picchiato Bucci, una lite violenta che aveva convinto Raffaello a fuggire. Mocciola è un capo rispettato anche da molti calciatori, tra cui Leonardo Bonucci, di cui viene mostrato un sms presente nel cellulare di Bucci: "Perché come ha detto Dino: Noi senza di Voi non saremmo nessuno!!!!".
I BIGLIETTI DI JUVE-BARCELLONA - Viene poi trasmessa la deposizione del collaboratore di giustizia Massimiliano Ungaro, risalente al 29 marzo 2017 nell'ambito del Processo Caccia: "Sono stato associato con la 'Ndrangheta con la famiglia Crea nella primavera 2014 fino a dicembre 2015". E alla domanda sui proventi del bagarinaggio e dei biglietti ad opera di Cosimo Crea, risponde: "In un'occasione, per la finale di Champions League tra Juventus e Barcellona. Che io sappia i biglietti erano stati presi dalla società ma non sono stati mai pagati, per cui ritengo che siano proventi illeciti".
LA TESTIMONIANZA DI PUNTORNO - Andrea Puntorno, leader dei Bravi Ragazzi, spiega all'inviato di Report di aver fatto "30, 40mila euro" e di aver "comprato due case, un panificio". E sul bagarinaggio aggiunge: "I biglietti lo sapete da dove arrivano". "Dalla Juventus?", chiede Ruffo. E Puntorno annuisce: "E' normale, ma è stato sempre così". Ma si sono creati spesso attriti, da risolvere con "scioperi" e comportamenti tali da far multare la Juve.
'MINACCE AL FIGLIO DI BUCCI' - La mediazione tra 'ndrangheta e ultras, riferisce Report, sarebbe stata possibile grazie a Placido Barresi, braccio armato del boss Domenico Belfiore. "Guardi che a un certo punto mica c'entrano solo i Dominello", spiega a Ruffo: "Entra tutta la Calabria Unita!". Barresi dice la sua anche sul suicidio di Bucci: si sarebbe ucciso, ma sotto ricatto, con tanto di minaccia al figlio. Un punto di vista che coincide con quello di D'Angelo, che meno di mezz'ora dopo la morte di Bucci telefona ad un ultrà: "Per paura che gli ammazzassero il figlio si è ammazzato lui". D'Angelo dopo chiama anche Bonucci, dicendo: "Leo, ho un problema, Ciccio s'è ucciso. S'è sucidato". E Bonucci: "Non ci credo!". D'Angelo aggiunge: "Aveva paura di qualcosa". Però "non aveva paura di noi".
I RAPPORTI CON DOMINELLO - Marotta, in occasione di Juve-Real Madrid nell'ottobre 2013, lascia 5 biglietti della sua riserva personale a Rocco Dominello, figlio del boss: "Massima riservatezza, mi raccomando", si legge in un sms. Viene poi citato il provino del figlio di Bellocco, che verrà poi scartato dalla Juve. Poi si passa a Lapo Elkann, che nel 2009 avrebbe puntato ai vertici della società, incontrando il figlio di Dominello, prima della comunione della figlia di Fabio Germani, ultrà presidente della fondazione Italia Bianconera e molto vicino ai dirigenti della Juve. In quell’occasione, gli avrebbe espresso il desiderio di vedere esposti degli striscioni in curva con su scritto “Lapo Presidente”. Anche Fabio Cannavaro, dopo la parentesi al Real Madrid, torna alla Juve e viene contestato e, secondo quanto sostenuto da Germani in una telefonata intercettata, avrebbe chiesto aiuto a Dominello per fermare la contestazione. Alessandro D’Angelo nell’estate del 2012 raggiunge in ferie Rocco Dominello a Tropea. "Erano amici", spiega Ruffo, "al punto che D’Angelo, al telefono, ammette di conoscere cosa fanno gli ultras e i calabresi con i biglietti. E insieme erano andati anche, secondo quanto riferito dal figlio del Boss ai magistrati, da Andrea Agnelli: e più volte. Ma Agnelli, mai stato indagato dalla Procura, ha prima negato, poi ha detto di non ricordare e poi che potrebbe averlo incontrato, ma senza sapere chi fosse Rocco Dominello. Marco Di Lello, in Commissione Parlamentare Antimafia dal Luglio 2013 al Marzo 2018, spiega: "Il presidente Agnelli ha dichiarato di non averne ricordo, ma da una serie di risultanze pare abbastanza chiaro che il Dominello avesse accesso anche agli uffici anche privati della società". E ancora: "Sul fatto che nessuno sapesse noi abbiamo avanzato più di un dubbio".
'BIGLIETTI PIAZZATI PER I DOMINELLO' - Si passa al 5 maggio del 2018, quando la Juventus ospita il Bologna allo Stadium. A distanza di due anni dall’arresto dei Dominello, i Drughi "li troviamo al loro posto a fare affari come sempre. E c’è chi fa bagarinaggio". Il tutto avviene davanti agli occhi degli addetti alla sicurezza, e uno di loro confessa: "Hanno la bancarella fuori in curva Sud. Sono gli unici autorizzati. Vai a sapere come mai sono gli unici!". Viene trasmessa anche la testimonianza dell'ex ultras Bryan Herdocia, che mostra un biglietto della finale di Berlino Juve-Barcellona: "Questo biglietto ad origine veniva 220 euro. 1500 euro a biglietto. Solo io da solo ne ho piazzati 13". Aggiungendo: "Io i biglietti ti dico li ho reperiti direttamente dalla Curva". E sui Dominello assicura: "Io so che quando ho piazzato i biglietti nel 2015 fuori dal Bernabéu, ho piazzato dei biglietti per loro, perché quando Pippo che mi dava i biglietti era nervoso perché un aereo è arrivato in ritardo e la gente non arrivava e servivano subito i soldi, era andato in tilt perché mi diceva: 'Tu lo sai di chi sono questi biglietti? Ma tu lo sai questi soldi a chi vanno? Se questi non arrivano in tempo e non pagano poi qua finisco male…'".
'JUVE NON È PARTE LESA' - "Abbiamo segnalato alla Juventus il fatto che il bagarinaggio continua anche dopo l’inchiesta giudiziaria", spiega Sigfrido Ranucci dallo studio di Report: "E abbiamo anche chiesto se fosse vero che il suo capo della security avesse confidato ad un ultrà l’esistenza di un’indagine anni prima, un’indagine sui calabresi. Ecco, hanno preferito tutelarsi dietro il riserbo. E che cosa ha detto il presidente Agnelli in tema di sicurezza? Ha detto che la gestione avveniva attraverso una triangolazione, la Juve parla con gli ultrà e le forze dell’ordine, gli ultrà parlano con la Juve e le forze dell’ordine e le forze dell’ordine parlano con ultrà e Juve. Però c’è la sentenza della giustizia penale. Le motivazioni dei giudici della Corte d’Appello sono uscite pochi giorni fa e riconoscono la sussistenza del metodo mafioso anche nei confronti della Juventus, seppure con modalità non apertamente intimidatorie perché non ve n’era bisogno. La Juventus, scrivono, 'era ben disposta, come emerso da testimonianze e intercettazioni, a fornire agli ultrà cospicue quote di biglietti e abbonamenti perché li rivendessero e ne traessero benefici, utili, ottenendo come contropartita l’impegno a non commettere azioni violente'. Insomma, la Juve, secondo i magistrati non è parte lesa, né si è costituita parte civile".
LO STRISCIONE DEL DERBY - Infine viene citato il derby tra Juve e Torino del febbraio 2014, nel quale "i tifosi espongono due striscioni che inneggiano alla tragedia di Superga". Parla anche Sandro Mazzola: "C’è qualcuno che allo stadio porta certi striscioni, ma non c’entra la dirigenza di quella società che son persone eccezionali. Ma quello stadio va chiuso per un anno!". Anche Andrea Agnelli esprime il suo sdegno e lo fa con un tweet: “No agli striscioni canaglia”. Ma dalle intercettazioni, spiega Report, emerge che fu proprio il responsabile della sicurezza D’Angelo insieme a Raffaello Bucci a trattare e fare entrare quegli striscioni. Anche Agnelli, aggiunge Ruffo, sapeva che il suo manager della sicurezza il giorno del derby stava trattando con Ciccio Bucci, il pluripregiudicato Dino Mocciola e Rocco Dominello. Viene messa in onda un'intercettazione tra lo stesso Agnelli e D'Angelo, che dice: "Due ore fa è venuto poi Ciccio a dirmi: 'So che ti incazzerai. Ho parlato con Dino che ha parlato con quelli di Milano. Non cantano al primo tempo, cantano al secondo'. Io gli ho detto: 'No, gli accordi erano diversi, io non mi esponevo come ho fatto, sto per fare una figura di merda che non avrei mai voluto fare, ma è l’ultima che faccio per voi'. Ma il giorno dopo la partita, D’Angelo viene convocato in fretta e furia da Agnelli. Nell’ufficio del presidente bianconero, D’Angelo scopre di essere stato ripreso dalle telecamere. Tutti sanno che è stato lui. "Ho riso", spiega lo stesso D'Angelo in un'altra intercettazione: "Perché sono arrivato su dal presidente. Mi ha detto: 'Ale sei un ciucco, ti hanno beccato!'".
'CONTESTO CHE NON RIGUARDA SOLO LA JUVE' - Ranucci, dallo studio di Report, commenta: "Dalle intercettazioni è emerso che Andrea Agnelli, pur conoscendo la trattativa in essere con i tifosi, non era a conoscenza che era stato proprio il suo capo della security a far entrare lo striscione controverso. Lo scopre il giorno dopo, tuttavia non denuncia. Anzi, qualche mese dopo viene assunto anche Raffaello Bucci, l’altro autore dello striscione, come uomo che teneva rapporti tra ultrà, dirigenza e forze dell’ordine. Tutto questo è emerso grazie alle intercettazioni dei magistrati antimafia. La Juventus ha rischiato seriamente di essere infiltrata dalla ‘ndrangheta, ma se questo non è avvenuto è perché ha degli anticorpi forti, più forti di altri. Però un suo uomo comunque ha perso la vita per quel contesto che abbiamo raccontato. Un contesto che non riguarda solo la Juventus, riguarda molte altre squadre".