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Il Real Madrid conquista la terza Champions League consecutiva, la tredicesima della propria storia, e conferma un dominio europeo destinato ad entrare nei libri. Non è bastato il sorprendente Liverpool di Jürgen Klopp a fermare la corazzata di Zidane in finale, così come non erano bastati l’Atlético Madrid di Simeone e la Juventus di Allegri. Eppure, col senno di poi, al momento del triplice fischio a Kiev ai bianconeri restano comunque dei rimpianti. Perché se il Real nel complesso resta la squadra migliore del mondo, vale quella massima ribadita qualche giorno fa da Beppe Marotta: “La differenza tra la Champions e il campionato è che nella prima basta un episodio, mentre nel secondo vince sempre il più forte”.

PIÙ FORTI... MA CHE RIMPIANTI - L’episodio è arrivato anche stasera, sotto forma di una papera storica di Karius che ha regalato il gol dell’1-0 a Benzema. Un attimo che decide tutto, come l'infortunio di Salah, il volo in rovesciata di Bale (che rispecchia la rete-gemella di Ronaldo all’Allianz Stadium) e il secondo svarione del portiere tedesco del Liverpool. Un momento, come quello che ha sentenziato la Juve al Santiago Bernabéu dopo una rimonta incredibile, che cambia tutto. Ecco allora i “se”: se Alex Sandro non si fosse fatto superare da CR7, se Oliver non avesse fischiato fallo contro Benatia dopo il contatto con Vázquez… Ma con i “se” non si vincono le Champions League. Lo sa, suo malgrado, la Juve e lo sa Max Allegri, che resta attualmente l’unico allenatore ad aver eliminato i Blancos negli ultimi 5 anni della competizione (è successo nel 2015, con Ancelotti sulla panchina madridista). Magra consolazione, perché nel frattempo un ex bianconero chiamato Zidane ottiene l'ottava vittoria su otto finali disputate. Il Real è più forte, sì. Ma i rimpianti rimangono, così come un progetto - già entrato nel vivo - per tornare lassù, dopo oltre 22 anni.

@mcarapex