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Claudio Ranieri, ex tecnico della Juventus, è intervenuto sulle colonne de Il Corriere dello Sport, raccontando se stesso, il calcio italiano e il personaggio Allegri.

Ecco il suo scritto: "In Italia siamo fortunati: sugli spunti che ci offre il nostro calcio potremmo discutere per giornate intere e sarebbero sempre discussioni interessanti, come questa sul calcio di Allegri e il calcio di Sarri, sulla concretezza e la bellezza, il pragmatismo e lo spettacolo.  
 
Ma prima di iniziare dobbiamo chiarire un concetto: cosa significa giocare bene? Un calcio fluido e veloce? Un calcio tecnico e ragionato? Per me una squadra gioca bene quando emoziona i suoi tifosi, quando gioca per fare gol, quando dà sempre l’impressione di poter segnare. A questo punto finale possiamo arrivarci in tanti modi. Tenendo palla e facendola girare con grande piacere per gli occhi come fa Sarri o basandosi su una solida organizzazione difensiva e liberando l’estro dei campioni come fa Allegri.  
 
L’EMOZIONE - Il fine non cambia, semmai cambiano i mezzi. Se in organico non ho giocatori adatti al palleggio, perché devo tenere per forza il pallone fra i piedi? Così annoio la gente, non la emoziono.  
Ormai si giocano tante partite, una diversa dall’altra, all’interno della stessa partita. Una squadra e il suo allenatore devono essere in grado di interpretarle tutte nella maniera più corretta. Ci sono dei momenti in cui puoi recuperare palla avanti, altri in cui devi abbassarti. Dipende dalla forza della tua squadra e dalla forza degli avversari. Non si può banalizzare questa discussione sostenendo che chi gioca male vince e chi gioca bene perde o viceversa, proprio perché non esiste un solo tipo di calcio.  
 
COLLETTIVO E CAMPIONI - La mia idea di bel gioco è questa: creare un collettivo solido e metterlo a disposizione dei campioni che hai in squadra, perché se i campioni esaltano le proprie caratteristiche allora sì che ti diverti.  
Durante la mia carriera ho allenato delle squadre che rendevano concreto questo concetto, per esempio la Fiorentina di Batistuta, il Valencia che più tardi giocherà per due volte la finale di Champions League, la Roma che arrivò a mezz’ora dallo scudetto, il Leicester: tutte queste squadre davano sempre l’impressione di poter segnare. Ma fra le migliori ci metto anche il Chelsea che aveva una natura diversa e arrivò alle semifinali di Champions: era la squadra con la percentuale più alta di possesso palla proprio perché avevo giocatori con quelle caratteristiche.  
 
VICINO AD ALLEGRI - Sono più vicino all’idea del calcio di Allegri: ha dato un’organizzazione alla squadra lasciando liberi (per quanto si possano lasciare liberi nel calcio di oggi) i giocatori di fantasia. Intendiamoci, a me piace anche il Napoli di Sarri: se una squadra tiene palla e la fa girare con l’obiettivo di arrivare all’uno contro uno e di trovare la soluzione d’attacco, va benissimo. Ho amato l’Olanda di Rinus Michels, la ricordo con piacere ma non ha vinto. Se invece devo scimmiottare quel tipo di calcio senza averne i giocatori adatti, allora no, non va bene.  
 
NON C’E’ “UN” CALCIO CHE VINCE - Questa idea che un certo modulo può portare alla vittoria più facilmente di un altro non esiste proprio. E’ grottesco solo pensarlo. In Italia abbiamo un calcio ricco proprio perché ci sono tanti sistemi di gioco, non c’è una squadra simile all’altra.  
Bisogna essere bravi a cambiare durante la partita e Allegri, lo abbiamo visto tutti, sotto questo aspetto è formidabile, così come nel motivare la squadra.  
E gli do ragione anche su un altro tema: ai ragazzini non bisogna spiegare la tattica in modo tanto esasperato, va liberata la loro tecnica, il loro estro, la loro fantasia. All’estero, vi assicuro, non sono maniaci come noi".