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Domani, dalle sette del mattino alle undici della sera, in Italia si giocherà la partita più importante dal giorno in cui il nostro Paese divenne una Repubblica democratica.

I cittadini tutti saranno chiamati per decidere da chi vogliono essere governati possibilmente con saggezza e con lungimiranza. Una scelta non facile perché condizionata dalla diffidenza e dallo scetticismo che sempre di più è stato alimentato da un comportamento politico arruffone e ambiguo da parte di coloro i quali si trovano in campo per partecipare alla kermesse. Ma per una volta gli autentici protagonisti di questa partita che profuma di epocale sarà il popolo e, cioè, noi.

Tutti noi, nessun escluso, ed è bene sperare che sia così. Soprattutto sarà indispensabile che in campo scendano, compatte, le nuove generazioni e che lo facciano in modo consapevole perché il voto non è soltanto un diritto, ma è un dovere. Giorgio Gaber, nella fase più politicizzata ella sua produzione, ammoniva che la libertà non è stare sopra un albero ma è partecipazione. Poi, quando si rese conto che termini come sinistra e destra erano stati spogliati del loro significato originale, immalinconì e si rifugiò in se stesso.

Ora, però, è arrivato il tempo di fare un passo indietro per andare avanti e recuperare la voglia e la passione per decidere noi di noi stessi, malgrado tali sentimenti siano stati annacquati. Un’operazione che, principalmente, potranno e dovranno compiere i nostri ragazzi e anche quelli che, diciannovenni, per la prima volta potranno pronunciarsi anche per il Senato.

Le previsioni dei sondaggisti, al proposito, non sono consolanti. I numeri relativi alla partecipazione elettorale dei più giovani affermano che il quaranta percento di loro ha in mente di disertare le urne perché indifferente al richiamo della politica o perché si ritiene completamente abbandonato da chi quella politica rappresenta. Impossibile negare che un fondo di ragione vi sia nell’atteggiamento negazionista dei nostri ragazzi. Loro che portano avanti battaglie per l’ambiente, la libertà di autodeterminarsi come uomini e donne e gay, le armi come simbolo di devastazione e non di difesa, il diritto di vivere ma anche di morire, la voce della natura come stella polare per la sopravvivenza dell’umanità, la necessità di un lavoro vero e pagato per non dover migrare. Tutti temi ignorati, forse appena sfiorati, da coloro che chiedono il consenso. Sia a destra e sia a sinistra.

Eppure, cari ragazzi, ora dovete prendere il coraggio a due mani, turarvi il naso, ma scegliere e sbattere sulla faccia della politica stantia le vostre esigenze. Nascondersi non serve. Astenersi significa darla vinta ai vecchi e bavosi gattopardi che godono nella finzione del cambiamento affinché tutto rimanga paludosamente immobile. Il nostro deve essere un Paese per giovani. Da domani in poi, magari.