La Juve fin da subito prende campo, a lui si appoggia e in lui ha un porto sicuro, dove attraccare per far salire la squadra. Alla lunga si spegne e non vive la sua serata migliore (sbagliando anche un paio di appoggi decisivi) ma, forse, importa il giusto, perché a quel punto c'è fiducia, c'è fame e ci sono le certezze: se si va in avanti qualcosa succede sempre. Il coraggio, poi, lo dà anche Allegri, schierando ancora una volta il tridente pesante: nessuna rinuncia, ma Vlahovic con Dybala e Morata per andare a mordere l'Atalanta. Il piano partita prosegue bene - solo Malinovskyi lo scombina per qualche minuto, poi Danilo gli fa ritrovare il sorriso - perché la Juve attacca con vigore, si muove bene, davanti dialoga e crea. Anzi, spreca tanto, troppo, stando alle parole dello stesso allenatore. Questa la bacchettata nel post partita, a ragione.
E' cambiato tutto, dicevamo. E se prima alla Juve si diceva che creasse poco, giocasse senza ritmo e con poco entusiasmo, ora la critica è opposta: crea e non chiude. Un problema migliore, se così si può dire. Il tridente funziona, perché aumenta il coraggio e restituisce alla Juve il suo valore: molto si deve a Vlahovic e a quell'equilibrio ritrovato, che Morata garantisce con le sue corse e i suoi sacrifici, che Dybala alimenta legando il gioco. C'è l'appoggio, c'è la profondità, c'è la qualità e c'è tanta, tantissima, voglia. Il segnale è questo e se forse la vittoria sfuggita pregiudica il sogno scudetto definitivamente, segna la strada su cui proseguire sempre, da qui a giugno. E poi ancora in avanti. Ora è tutto diverso, anche senza una vittoria.