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In questo momento di pausa, liberati dal frastuono del contorno al calcio giocato, è bello potersi accoccolare sotto l’albero della vita e farsi coccolare da piccole o grandi storie infinite per le quali la voglia di poterle rivivere è talmente potente da andare oltre il desiderio di un sogno. Operazione chiaramente impossibile perché il passato non viene mai replicato in maniera identica, ma egualmente “didattica” perché dalla rilettura di quello stesso passato è possibile trovare spunti per affrontare il futuro con maggiore ottimismo.

Una gran bella occasione, in questi giorni di festa, l’ha offerta una donna di nome Olimpia la quale può vantare il cognome importante di un padre che per il calcio italiano e non soltanto per quello continua a rappresentare un modello di maestosità leggendaria e pratica. Pochi giorni fa, su Instagram, è comparso il suo volto e si è potuta ascoltare la sua voce. Un viso ancora illuminato da un sorriso intelligente e ben vigile. Un timbro vocale senza inciampi malinconici. Una rarità di ultranovantenne il quale, con il suo riproporsi pubblicamente così frizzante e persino ironico, ha confermato ciò che negli anni ha sempre voluto dire parlando di un “patto” stabilito tra lui e il Padreterno.

Così, grazie all’intervento telematico della signora Olimpia, Giampiero Boniperti è entrato nelle nostre case insieme con la sua grande famiglia di figli, nipoti e bisnipoti per fare gli auguri di Natale e fornire un esempio di sana longevità. Una “visione” che, credo, abbia spinto ciascun sportivo autentico non necessariamente juventino ad aggiungere idealmente un posto a tavola per fare spazio all’eccezionale ospite. E, con lui, ricordare storie senza età e senza tempo rilette sulle pagine delle sue due vite vissute, alla grande entrambe, prima come campione degno della “hall of fame” internazionale e poi come presidente di tutti i presidenti.

Non vi è piaggeria ma neppure idolatria in questo onorare un personaggio il quale, in chiave sportiva e anche umana, è riuscito ad andare oltre il possibile e, oggi, a farsi intravedere quasi eterno oltre i confini determinati dalle Colonne d’Ercole. Vi è soltanto rispetto insieme a quel minimo indispensabile di devozione dovuti ad un uomo che ha vissuto di sport e che per lo sport ha saputo essere un modello sia per il suo presente, ormai archiviato, e sia per coloro i quali sono arrivati dopo di lui provvisti della buina volontà di allievi attenti alle lezioni di un padre fondatore. Il Boniperti calciatore che vestì una sola maglia. Il Boniperti presidente che operò sempre e soltanto sotto un’unica bandiera.

Lui, il vecchio patriarca avviato a diventare il centenario se reggerà quel patto con il Buon Dio, che ancora confessa quello che era il suo più grande sogno di ragazzino cresciuto nelle campagne di Barengo. “Mi basterebbe vestire la maglia della Juventus una sola volta nella vita e poi sarei felice per sempre”. Così diceva. La indossò 446 volte. Poi, dopo, prese in mano la società e la fece volare nei cieli del mondo. E’ anche per questo che, pur passando inesorabili le stagioni della vita, il tempo non riuscirà mai a cancellare quella irrefrenabile voglia di Boniperti che ciascun sportivo non può evitare di provare.