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Probabilmente separatisti, ma non razzisti. Gli abitanti della Sardegna rappresentano un vero popolo nel significato più specifico del termine. Orgoglio e dignità sono le basi portanti della loro cultura e del loro vivere civile. Una terra, quella dell’isola, che nei secoli è stata crogiuolo di razze diverse per usi e costumi eppure tutte quante, nel tempo, integrate e metabolizzate dal tessuto originario. I sardi, dunque, possono anche sentirsi talvolta “non italiani” ma certamente non sono razzisti perché proprio nel loro Dna non compare questa ignobile cifra. Per informazioni più dettagliate chiedere (o leggere anedottica) al mio amico Gigi Riva il cui cuore è da una vita autenticamente sardo.

Ovviamente possono esistere alcune eccezioni alla regola. E di questa eccezione fanno parte coloro i quali, magari arrivati dal continente, hanno manifestato con il solito esecrabile “buu” nei confronti dell’attaccante bianconero Kean, ma anche di Alex Sandro e Blaise Matuidi. Come si sa la mamma degli imbecilli è sempre incinta e bene ha detto Massimiliano Allegri a fine partita affermando con vigore che “certa gente va allontanata dagli stadi” per garantire una “cura” a questo calcio la cui malattia, purtroppo, si avvicina sempre più pericolosamente a quella per la quale soffre la nostra società infettata dall’intolleranza e dalla violenza quotidiana. Ma non è questo il punto di discussione, peraltro molto serio, sul quale intendo fare una breve riflessione.

Dovendoci interessare di un tema più specificatamente calcistico, vorrei dire di Kean e del suo comportamento decisamente oltre le righe tenuto subito dopo il gol che ha chiuso la partita tra Cagliari e Juventus. E’ certamente possibile che il giovane vercellese abbia percepito le sonorità di una certa parte del pubblico come una “provocazione”. Di qui la sua “reazione” che, a livello emotivo, ci potrebbe anche stare. Non in quei modi e in quei termini “balotelliani”, però. Non è un mistero per nessuno il fatto che Kean, da sempre, sia un estimatore di Balotelli che lui addirittura volle celebrare dopo una rete segnata con l'Under 17 ad appena 15 anni, togliendosi la maglia per lasciar vedere quella con la scritta inneggiante al suo idolo: “Why always me?”. Però tutti sappiamo molto bene quale sia stata e sia ancora la “strada” professionale imboccata dallo stesso “Balo” il quale proprio in virtù del suo atteggiamento machista e irriverente si è giocato un bel pezzo di carriera.

Fatto rilevare questo elemento di analisi che ritengo piuttosto importante, mi auguro che ciascuno adesso possa arrivare a dare piena ragione a Massimiliano Allegri quando chiede la legittima possibilità e la dovuta pazienza da parte di tutti per fare in modo che il giovane Kean cresca gradualmente non sono soltanto sotto l’aspetto delle sue innegabili qualità tecniche, ma soprattutto sotto il profilo dell’etica professionale indispensabile ad ogni campione per essere giudicato veramente tale. A diciannove anni, l’età di Kean, si è ancora ragazzi. Pagine bianche sulle quali cominciare a scrivere la propria storia. Il giovane talento bianconero ha l’opportunità di realizzare un romanzo sportivo bellissimo. Ma non deve perdere la testa o andare oltre le righe ancor prima di cominciare. Un remake di Balotelli non servirebbe né a lui e meno che meno alla Juventus o alla Nazionale di Mancini.