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La gara dell'altra sera contro il Porto ha dato a tutti gli juventini una sensazione di dejà-vu. Sembra di essere tornati all'estate del 2020, quella nella quale, per colpa del Covid, si giocavano le gare di ritorno degli ottavi di una Champions slittata di qualche mese. La Juve di Maurizio Sarri se la doveva vedere con il Lione, e com'è finita lo sappiamo tutti (0-1 all'andata, a febbraio, 2-1 al ritorno). Ecco, sembra di aver rivisto lo stesso incubo. Stavolta il gol in trasferta è arrivato e ci sono ancora 90' da giocare prima di dichiarare un altro, ennesimo, flop (sarebbe la terza eliminazione consecutiva agli ottavi).

L'ALTALENA - Il campanello d'allarme però è suonato bello forte, perché dopo sei mesi sembra non sia cambiato nulla. Come analizza La Gazzetta dello Sport, questa Juve fa fatica a trovare continuità, sta vivendo una stagione di alti e bassi e una mentalità ancora da costruire. Un'altalena continua di emozioni con picchi raggiunti nella serata di Barcellona e vere e proprie serate storte come, per esempio, il pareggio col Crotone, oggi ultimo in classifica, un girone fa.

COME LIONE - Manca la mentalità ma anche la grinta. Difficilmente quest'anno in campo si è vista la vecchia Juve, la vera Juve, quella che buttava fuori cattiveria e concretezza per vincere a tutti i costi. Com'era lo slogan? "Vincere è l'unica cosa che conta". Appunto. A Oporto, pronti via e sono arrivati subito due gol degli avversari; nei primi minuti dei due tempi. Proprio come era successo sei mesi fa contro il Lione con il gol di Depay al 12'. Segnale di una mancata concentrazione e di poca attenzione, oggi come ieri. La Juve esce a testa bassa e con tanti pensieri per la testa. E' come se la pressione della Champions facesse paura a una squadra che in Europa è abituata a starci da sempre. Ma ora deve dimostrarlo.