12
La Juventus ha dominato in Italia per 9 lunghi anni. Ha costruito le fondamenta per un progetto sportivo e aziendale che puntava al cielo. Poi, nel giro di tre stagioni, il gap che sembrava essere irrecuperabile è stato colmato dalle dirette avversarie. Errori di strategia, un pizzico di arroganza, la paura di operare un cambio radicale, le voci degli allenatori rimaste inascoltate: sono diverse le motivazioni che hanno portato alla disfatta di questa stagione. Eppure, non si può dire che dall’interno dello spogliatoio i segnali siano mancati. Nelle ultime discussioni con la dirigenza, prima di decidere di procedere con il divorzio, Massimiliano Allegri aveva chiesto uno sforzo agli uomini di mercato bianconeri e uno stravolgimento di una rosa ormai sazia e poco motivata. A quel punto, il club decise di optare per il cambio di panchina e di affidarla nelle mani di Maurizio Sarri. Anche questa è storia: il suo progetto tecnico tattico non attecchì – lui stesso dichiarò che si sarebbe dovuto adattare alla rosa a disposizione e non viceversa - e secondo le indiscrezioni, una volta esonerato, in uno sfogo con la dirigenza disse: “Questa squadra è inallenabile”.

PIRLO – Facciamo un salto in avanti di quasi un anno sulla linea temporale e arriviamo al 9 maggio, zona mista dello Stadium, 23 circa. Andrea Pirlo, intervistato da Sky Sport dopo la pesante sconfitta per 3 a 0 contro il Milan, afferma: “Avevo un progetto diverso in testa, una squadra diversa a disposizione. Ho cercato di lavorare su alcuni principi, a volte è andata bene, a volte male. Ho dovuto adattarmi a tutto ciò che è successo e quindi un piano ben definito non si è più visto”. Adattamento: ancora una volta questo concetto ritorna prepotentemente nelle parole di un allenatore della Juventus. Una squadra resistente al cambiamento, che non vuole o non riesce a cambiare i propri principi tattici, uno spogliatoio che sembra aver alzato le barricate contro la modernità: ultimo sussulto di natura aristocratica. D’altronde, è difficile cambiare quando per 9 anni hai portato a casa lo scudetto. Non si dica, però, che i messaggi non erano arrivati forte e chiari, e in questo caso, più che sui giocatori o sugli allenatori, le colpe dovranno ricadere su chi ha fatto orecchie da mercante.