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Dall'Eccellenza fino alla Serie A, sognando la Champions League. Questa è la storia di Federico Gatti, difensore classe 1998 della Juventus arrivato nella scorsa estate a Torino e ora diventato un punto fermo della Vecchia Signora. Un viaggio iniziato nei duri e tosti campi di provincia, dove il terreno di gioco tempra il carattere dei giocatori.

Lui che al Verbania è arrivato grazie a Pietro Fassoli, ex direttore generale della squadra: "Non mi piace dire che l'ho scoperto - ci racconta, in esclusiva a IlBianconero -. Non aveva necessità di essere scoperto. Io gli ho dato la possibilità quando era al Pavarolo di venire da noi che avevamo un progetto di calcio diverso dal loro, possibilità che secondo me è stata determinante per lui. Ha imparato a ragionare in un altro modo". 


Federico Gatti, l'intervista a Pietro Fassoli


Prova molto orgoglio nel vedere Gatti stabilmente titolare alla Juventus?
"Ti dirò la verità. Io ero sicuro che facesse carriera, ma non a questi livelli. Si vedeva che aveva qualcosa in più degli altri, ma nella Juventus non pensavo. E' evidente che per lui, per me e per la società sia un orgoglio. Lui è molto legato a noi. Ha un appartamento e ogni tanto viene ancora qui. Poi la sua ragazza è di queste parti, sa che noi abbiamo fatto molto per lui". 

Cosa l'ha colpita di Gatti quando lo visionò per la prima volta dal punto di vista tecnico?
"Mi ha colpito prima di tutto il fisico. Poi la facilità di gioco, di lettura e l'intelligenza calcistica. Anche la tecnica. La prima volta che l'ho visto giocare faceva il centrocampista e poi siamo stati noi a metterlo come centrale. All'andata contro di noi aveva giocato come centrocampista e fece anche gol. Ma a dirle la verità in quel ruolo era bravo, ma normale. Da centrale era un'altra cosa. Quando lo comprai mi chiese il perché dell'acquisto e io gli risposi che volevo farlo giocare da centrale. Così ha iniziato a ricoprire quel ruolo".

Le statistiche parlano chiaro, Gatti è difensore goleador della Serie A e quando ha segnato la Juventus non ha mai perso. Questo vizio del gol era già visibile in quegli anni?
"Anche da noi in Eccellenza aveva fatto tre gol e si era ripetuto anche nell'interregionale. Essendo centrocampista aveva una tecnica diversa. Aveva un bel calcio e sapeva inserirsi bene, coi tempi giusti. Bisogna avere anche un po' di fortuna, ma le qualità sono indubbie. Gli è capitato tutto al momento giusto. Ha trovato la squadra e la società giusta. A Frosinone ha trovato un tecnico che ha avuto fiducia in lui. Dal mio punto di vista in Italia ora non ci sono molti difensori centrali più bravi di lui". 

Che tipo di persona è Federico Gatti fuori dal campo?
"Federico è un ragazzo tranquillo. Ha sempre messo il calcio davanti a tutti. Quando è arrivato da noi ha voluto fare un lavoretto al mattino. Noi ogni tanto glielo facevamo fare in modo tale che fosse sereno, anche se ci interessava che giocasse a calcio: è un ragazzo tranquillo che pensa solo al calcio e che non ha grandi problemi a relazionarsi con gli altri". 

Ha un aneddoto o un episodio particolare che ha condiviso con Gatti da raccontare?
"Ce ne sono tanti, ma questo è quello che mi è rimasto più impresso. Una volta eravamo in riunione e un giovane si permise di darmi del tu. Lui subito lo riprese ricordandogli che al direttore si dava del lei per il rispetto delle gerarchie. Anche se aveva solo 18 anni aveva già quella mentalità di rispettare i ruoli. E' stato un bell'esempio anche verso gli altri. Ce ne sono tanti, ma questo è il ricordo che più mi è rimasto".

 

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