commenta
Gianluca Petrachi, ex capo degli osservatori e direttore sportivo del Torino, racconta Gleison Bremer a Tuttosport che lui stesso ha scoperto in Brasile nel 2018 e portato in città dall’Atletico Mineiro: «Ricordo tutto, certo. Negli anni in cui sono stato direttore sportivo della società granata solitamente verso fine campionato, dopo il lavoro con Wyscout dei collaboratori, andavo di persona in Sudamerica per visionare dal vivo i profili che ritenevamo più interessanti. E’ successo con Bremer come per Bruno Peres, tanto per fare un altro esempio. Erano tre le tappe: Brasile, Uruguay e Argentina». 
 
SCOPERTA - «Col passare dei giorni mi focalizzai di più su Bremer che allora era più grezzo ma avevo intuito margini di crescita enormi. Ricordo come se fosse adesso una sua partita di Coppa che andai a vedere: segnò un gol di testa e rimasi impressionato da potenza, stacco e tempismo con cui si inserì sul cross. Il presidente si fidava di me, erano già circa sei anni che lavoravo con lui, e per spiegargli i profili dei due giocatori che mi piacevano molto dissi che Bremer ricordava per come giocava Chiellini, mentre Verissimo era un difensore alla Bonucci, piedi più educati ma meno aggressivo sulla punta. Bremer era già allora davvero impressionante per come pressava l’attaccante e non temeva mai gli uno contro uno. Anzi, si esaltava. Adoravo quel suo spirito guerriero, dove il coraggio era al primo posto». 

CAIRO CONVINTO - «Gli dissi che era un investimento con buone prospettive e poi mi era piaciuto tantissimo non solo il giocatore ma anche l’uomo. Lo conobbi e capii subito che mi trovavo davanti a una persona seria. Un ragazzo d’oro. E infatti appena arrivò al Torino mantenne il profilo di serietà massima, umiltà e grande applicazione. Spendemmo poco più di 5 milioni di euro e dovetti insistere un po’ perché Mazzarri e il suo vice Frustalupi non erano convintissimi visto che il ragazzo aveva ancora delle lacune su cui si sarebbe dovuto lavorare mentre io e Roberto Miggiano, il mio collaboratore, spingemmo per questa operazione che condussi in porto». 
 
PREZZO GIUSTO - «Io dico di sì e dico anche la società bianconera si è messa in casa un difensore top. Ha fatto davvero un grande affare, per il presente e per il futuro. Si tratta di un marcatore che come ho detto dà il massimo quando deve andare diretto sull’uomo e più l’attaccante è forte e più lui si esalta. Sarà all’altezza della maglia bianconera non soltanto in campionato ma anche nelle sfide di Champions League. Me lo immagino già. Tra l’altro stiamo parlando di un ragazzo di 25 anni che non ha ancora raggiunto il massimo del proprio potenziale». 
 
LAVORO - «Ha ancora un margine di crescita almeno del 20%. Ricordo che nel Torino imparò molto ascoltando i consigli di Nkoulou che a un certo punto per lui era diventato una sorta di fratello maggiore. E poi a fine allenamento si fermava con Nitti per un lavoro individuale volto a migliorare la sua qualità tecnica. L’ho detto, è un calciatore che si applica e lavora tantissimo. All’inizio, le primissime settimane, faticò un po’ per via della lingua. Ma appena imparato l’italiano riuscì a integrarsi al meglio sia in campo, dal punto di vista tattico, che nello spogliatoio. Sono certo che anche nella Juventus proseguirà il suo percorso di crescita. La Juve ha fatto tombola prendendolo» 
 
DE LIGT - «Magari non capisco nulla di calcio, ma se devo dire la mia, Gleison è più forte di De Ligt. Molto più forte. Per cui la risposta è semplice: la difesa bianconera con questo cambio ci guadagna».