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Si chiama Andrea Lorentini e 35 anni fa, il 29 maggio del 1985, perse il padre Roberto nella calca dell'Heysel. Si era inizialmente salvato, ma poi vide un bimbo di 11 anni sepolto da quella bolgia. Tornò indietro per salvarlo ma entrambi finirono travolti da una seconda ondata di persone in fuga. "Da un punto di vista personale, l’Heysel è una di quelle ferite che non si rimarginano. Come fai a dimenticare la perdita di un genitore? Il dolore è per sempre", dichiara Andrea a Il Corriere di Torino. 

CORI DI SCHERNO - "Mi incazzo ma proprio per questo bisogna ricordare. Perché non sia la memoria di una sola tifoseria, o di una squadra, ma sia il ricordo di tutti. Vale anche per Superga. Quella partita non l’ho mai rivista: perché con lo sport non c’entra nulla".

RICORDO - "Ho incontrato la segretaria del ministro Spadafora, per istituire una giornata contro la violenza nello Sport. Juve? Al J-Museum ha messo una stele con i nomi delle vittime, e ha il progetto di un monumento, nella sede della Continassa. Papà era uno che donava il sangue, che faceva il volontario, e che quella sera si comportò come era lui: tentando di aiutare gli altri. A me piace ricordarlo così".