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Non è azzardato voler paragonare questa Juventus dei record a una di quelle grandi orchestre passate alla storia della musica internazionale. Lo stesso maestro che la dirige, Massimiliano Allegri, ha dimostrato di possedere tutte quante le credenziali adeguate per dirigere i componenti di un gruppo la cui amalgama tra solisti e seconde file si fa sempre più netta di concerto in concerto. Volendo, per pignoleria, andare a trovare un elemento non perfettamente in linea con lo spartito seppure con rammarico occorre indicare Mattia Perin il quale, contro la Samp e quindi in un derby personale, ha malauguratamente steccato o perlomeno ha mostrato lacune per lui insospettabili.

Quello del giovane portiere bianconero non può certamente rappresentare un “caso” anche perché non è lui il titolare della maglia nel ruolo che solitamente viene affidato a Szczesny. Si tratta comunque di un problema annunciato fin dal giorno in cui Mattia Perin decise, a mio avviso piuttosto avventatamente, di accettare la proposta di ingaggio da parte della società bianconera anziché rimanere a Genova e il quel Genoa del quale era capitano e nel quale oggi avrebbe ritrovato Cesare Prandelli ovvero il tecnico che lo volle e lo lanciò in nazionale. Ecco l’unica responsabilità oggettiva che può venir addossata al portiere è questa e cioè aver ceduto al fascino del blasone e anche a quello del denaro senza valutarne con oculatezza le possibili conseguenze.

Dispiace e non poco dover analizzare questo tipo di situazione soprattutto perché sono fermamente convinto che Perin continui ad essere uno fra i più forti e bravi portieri italiani e che con lui tra i pali probabilmente il Genoa non si troverebbe a vivere un campionato decisamente tribolato. Purtroppo credo fosse addirittura fatale e persino fisiologico che si dovesse arrivare ad un punto simile e a dover criticare in maniera negativa un giocatore il quale possiede tutte le qualità necessarie per proporsi come un autentico numero uno. La questione non è tecnica e neppure fisica, semmai assolutamente e squisitamente psicologica.

Ruolo quanto mai difficile e particolare quello del portiere il quale, lo insegna la storia del calcio, non può convivere con dualismi o alternanze di alcun tipo se si vuole che renda sempre per ciò che vale. In caso contrario, come quello di Perin, si rischia di arrivare a dover mettere in discussione il valore e le qualità di un campione che, non per colpa sua ma per imbarazzo psicologico, non avrebbe motivo di steccare durante l’esibizione della grande orchestra.

Hanno sbagliato in due. La Juventus a chiamarlo e lui ad accettare. Lo scrissi in tempi non sospetti durante le trattative estive del mercato. Ora il nodo viene al pettine, come si usa dure, e scioglierlo non sarà semplice.


@matattachia