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Esattamente un anno fa, Gigi Buffon decideva che il suo tempo nella Juventus era scaduto permettendogli di andare a fare le sue ultime semine professionali a Parigi. Un “non problema” per la società bianconera la quale per la difesa della sua porta poteva contare su Szczesny, un polacco dal cognome impronunciabile ma assolutamente affidabile tra pali. Naturalmente, in vista di tanti impegni nazionali e internazionali, occorreva trovare sul mercato un nuovo “vice” in grado di fornire solide garanzie in caso di necessità. Venne individuato l’elemento al momento più gettonato del calcio italiano per quel che riguardava quel ruolo così delicato.

Si trattava di Mattia Perin, capitano e cuore del Genoa oltreché punto di riferimento futuribile per la nazionale azzurra. Il numero uno di Latina, ma allevato e cresciuto nella scuderia rossoblù, accettò la corte della Signora e si trasferì a Torino. Una scelta molto azzardata anche se ben remunerativa. Lui, però, non per denaro ma per ambizione aveva deciso di puntare tutto sul bianconero. Non aveva tenuto conto della Storia juventina la quale racconta come e perché la vita di un “vice” portiere nella Juventus, dai tempi di Zoff a oggi, sia sempre stata tribolata e pressoché impossibile.

La narrazione può tranquillamente cominciare con l’avventura o se preferite la disavventura di Giancarlo Alessandrelli. Un giovane di belle speranze che ebbe la sfortuna di trovarsi davanti proprio uno fra i portieri più forti al mondo e addirittura una leggenda. Dopo anni trascorsi in panchina e a fare da sparring partner in allenamento, soltanto una volta Alessandrelli venne mandato in campo per quarantacinque minuti. Nel secondo tempo di Juventus Avellino perchè Zoff si era rifiutato di giocare per motivi comprensibili. La Juve, avanti per tre a zero, subì la rimonta degli irpini che in quel modo evitarono la retrocessione. Il povero Alessandrelli concluse in lacrime la sua lunga e onesta carriera di portiere ombra bianconero.

Conclusa l’era di Zoff arrivò Stefano Tacconi. Il suo compagno di ruolo era Luciano Bodini che tra i pali se la cavava niente male. Trapattoni gli offrì una chance più che altro per dare una lezione caratteriale all’anarchico Tacconi e Bodini fece il suo dovere. Ma il numero uno era il portiere umbro e così fu, senza più spazio per il ben più timido collega. Una storia che è andata avanti sino ai giorni nostri con un lungo elenco di “vice” chiusi nel loro ruolo di comprimari da Piloni a Berardi, da Storari a Gurdalben, da Neto a Mirante per finire appunto con Mattia Perin. L’unica minima eccezione è stato proprio Szczesny che nell’ultima stagione di Buffon alla Juve lo ha spesso sostituito a causa degli acciacchi dell’ex numero uno bianconero.

Tornando a Perin, anche per lui l’avventura alla Juve si chiuderà verosimilmente con il prossimo mercato, dopo appena dodici mesi di quello che per lui verrà ricordato come l’anno horribilis della sua carriera. Al netto dell’operazione chirurgica ad una spalla che lo ha costretto a saltare l’ultimo mese della stagione, il suo score di presenze in campo si ferma a nove. Una miseria per un ex capitano ed ex azzurro che aveva cullatola grande illusione di poter almeno competere con l’inamovibile polacco. Potrà rifarsi una vita professionale perché è bravo e sufficientemente giovane. Dovrebbe andare alla Roma, che già lo voleva un anno fa, mentre alla Juventus potrebbe tornare Mirante. Un ex il quale sa perfettamente qual è l’inesorabile destino dei vice portieri bianconeri.