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Per evitare le polemiche, la Juve ha una sola strada: vincere con almeno 4 goal di scarto, subire almeno due rigori inesistenti, avere un giocatore immeritatamente espulso. Solo al verificarsi di queste situazioni, la Juve avrà vinto con merito riconosciuto da tutti: commentatori, avversari, tifosi. In caso contrario no.

Prendete la partita di Supercoppa di ieri e avrete, nell’ ordine, le seguenti reazioni:
1) C’era un rigore netto (netto?) per il Milan.
2) L’arbitro Banti consulta (già qui ci sarebbe da discutere) il VAR solo quando fa comodo alla Juve.
3) Il goal di Ronaldo non era in fuorigioco per millimetri, se la stessa cosa fosse successa al Milan, lo avrebbero annullato.
4) Al Milan fischiano i fuorigioco immediatamente, alla Juve no! Ed è un fatto assai grave, perché, come dice Romagnoli, se l’azione finisce in rete “se prendemo una gigantesca paura”.

Le risposte sono semplici: il rigore per il Milan non appare affatto netto, anzi si vede un fallo di Conti su Emre Can. Sembra molto più chiaro ed evidente il braccio largo in area milanista di Zapata, che intercetta la palla con il braccio (ma questo passa in cavalleria). La consultazione del Var non è decisa dall’arbitro, ma dall’ addetto che lo richiama in caso di patente errore o svista, e successivamente sarrà l’arbitro a decidere se consultare il video oppure no. L’importante è che i fuorigioco siano segnalati: stabilire che la tempistica sia al centesimo di secondo (e perché non in lieve anticipo?) sembra francamente un po’ troppo.

Il responso del campo è dunque per la Juve, giusto. Quello del gioco no.

Il Milan avrebbe meritato il pareggio e i 22 punti di differenza tra le due squadre non si sono visti. Tatticamente, atleticamente e, soprattutto psicologicamente, i rossoneri sono stati all’ altezza della strafavorita dei pronostici, giocando una partita esemplarmente avveduta, aggredendo la Juve a centrocampo e difendendo egregiamente (con l’eccezione di Castillejo) per ripartire in velocità.

Come appare ormai frequentemente, la Juve è apparsa spesso imballata, ma, al di là del dato tecnico-tattico, sembra che i bianconeri soffrano mentalmente le partite secche e non siano ancora quella squadra capace di giocare a memoria un calcio di controllo e dominio al tempo stesso. Eppure con questa rosa a disposizione, con la potenza di Ronaldo, la velocità di Douglas Costa e Cancelo, l’agilità di Dybala, la garanzia di Chiellini, la squadra dovrebbe essere capace di vincere e convincere.

Così non è. C’è troppo spesso un certo eccesso di calcolo o un’irruenza talvolta cieca. Il punto dolente è sempre lo stesso: il centrocampo.

Pjanic eternamente al piccolo trotto, sommato a un Bentancur, talvolta opaco (come ieri) , lasciano tutto il peso della corsa e del contrasto a Matuidi; Emre Can non sembra in grado di coprire le due fasi e la brillantezza di Khedira è frequentemente vittima d’improduttivi svolazzi. Forse Ramsey può garantire quella solidità di reparto, che, attualmente non sembra concessa.

Anche se il primo obiettivo è stato raggiunto e anche se gli altri due (Campionato e Coppa Italia) sembrano alla portata della Juve, è l’ultimo, il più importante. Con due incontri “secchi” e squadre agguerrite, in Champions, la fortuna può non bastare. Con l’Atletico bisogna cambiare musica e spartito.