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Ci fosse stato qualche dubbio, adesso non ne abbiamo più. Fino ad ora si poteva argomentare: ma è giusto dare tanto rilievo ai conati razzisti di qualche imbecille? Non sarebbe meglio minimizzare, a caldo, nel dopo partita; gettare acqua sul fuoco e rimandare, con grande fermezza, il problema a chi dovrebbe risolverlo? Alle autorità, alle istituzioni, magari con un messaggio molto forte e unitario alla FIGC invocando anche innovazioni tecnologiche che potrebbero essere in grado (non è così facile, però) di identificare i razzisti negli stadi?

Non solo per arginare il fenomeno, ma soprattutto per dare un segnale o, se volete, una lezione che dichiari solennemente: “al calcio italiano, il razzismo fa schifo”, senza tante sottigliezze sul fatto che si tifa sempre contro gli avversari, che ci troviamo di fronte a uno sport popolare, che le arene, da che mondo è mondo, sono pervase da un intrinseco senso di violenza. Un messaggio forte, senza se e senza ma. 
 
Invece, a sciogliere il dubbio e capire che i messaggi di denuncia del razzismo devono sempre essere sollevati, in ogni sede, ci ha pensato proprio la FIGC. Cosa hanno fatto i suoi ispettori a Cagliari? In sostanza hanno dato la colpa a Kean per essersi presentato come Cristo, a mani aperte, davanti ai tifosi avversari, dopo aver segnato e udito una serie di ripetuti buu, quando toccava la palla. In sostanza li ha provocati, quindi se la partita fosse stata interrotta, il 3 a 0 a tavolino, lo avrebbe subito la Juventus.
 
Razzismo? Per qualche buu? Ma siamo pazzi? E come si permette, quell’ altro “provocatore” di Matuidi ad irritarsi? Vuole uscire dal campo “provocatoriamente”? Che se ne vada. Sì: Kean è un “provocatore”, secondo la FIGC, quindi ora ci aspettiamo almeno una pesante squalifica per lui. Incredibile, ma vero.