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Disperarsi sarebbe sciocco e anche inutile. Essere preoccupati è giusto oltreché necessario. La botta ricevuta all’Olimpico di Roma è di quelle toste. La Lazio di Inzaghi, in questo momento del percorso, è certamente la squadra più in forma dell’intero campionato. Questo, tuttavia, non legittima ne rende meno doloroso il crollo in verticale di quella che per tante ragioni valide sulla carta si era presentata al via come il dream team da battere. Cosa sta accadendo, dunque, alla Juventus? La domanda assolutamente pertinente.

Intanto alla base di questo flop non del tutto occasionale c’è la realtà di un mercato estivo portato avanti con molta presunzione e con poca avvedutezza. Le scelte di Paratici e di Nedved con l’acquisizione di giocatori modesti spacciati per campioni si sta rivelando fallimentare. Se a questo si vuole aggiungere che la coppia di “cervelli” bianconeri fece di tutto per liberarsi di Dybala e di Higuain mancando fortunatamente lo sciagurato progetto, allora si può comprendere quanto e come gli eredi di Marotta abbiano da imparare ancora molto da chi li ha preceduti.

Rimediare è ancora possibile, comunque, anche se ciò comporterà uno sforzo economico molto pesante per una società la quale, in maniera inattesa, si trova nelle condizioni sgradevoli di dover fare i conti con un bilancio preoccupante. Eppure se si vuole intervenire in modo sostanziale per dare un senso positivo al centrocampo della Juventus ovvero al reparto in maggiore sofferenza, la soluzione è una sola. Riportare a casa, immediatamente, dall’Inghilterra Pogba il quale tra l’altro non vede l’ora d tornare a Torino. Credo che Sarri, contrariamente alle sue abitudini dovrebbe fare la voce grossa.

 
Detto ciò, resta l’immagine di un secondo tempo, quello di ieri a Roma, desolante e inaccettabile per la squadra bianconera. L’espulsione di Cuadrado non è niente di più che un alibi per giustificare il crollo dell’intero impianto. Ronaldo, al di là del gol segnato, continua a giocare per se stesso e il fatto che dopo la rete sia andato ad abbracciare Pinsoglio anziché Sarri rappresenta un segno rivelatore dello scollamento sempre più marcato con il resto del gruppo di cui il campione portoghese fa parte. Bernardeschi è la brutta copia di quello che regala chicche assortite in nazionale. I soliti noti fanno il compitino e se anche una roccia come Bonucci vive una serata balorda il disastro è totale.

Tutto questo patatrac è accaduto nella ripresa dopo un primo tempo in cui la Juventus aveva dettato i tempi e la sua legge. La ragione, dunque, non è tattica o tecnica ma squisitamente mentale e psicologica. Un problema, molto serio, che spetterebbe a Sarri risolvere o comunque cercare di interpretare per rendere efficace il suo ruolo di allenatore. Allegri, a modo suo, ci riusciva. Il nuovo tecnico profeta di un calcio spettacolo al momento latitante ancora no. Scavare nella testa dei giocatori non è facile. Probabilmente nel cervello dei bianconeri l’obbiettivo di questa stagione è uno solo, la Champions. Se è così lo si capirà mercoledì quando la Juve dovrà affrontare in Germania il Leverkusen. Soltanto una prestazione da leoni potrà svelare il vero volto della Juventus. In caso contrario oltre a preoccuparsi si dovrà cominciare disperare.


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