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Il suo l'ha fatto. E forse anche qualcosa in più. Perché in fondo non si poteva chiedere molto altro a Paolo Montero, chiamato a prendere il posto dell'esonerato Massimiliano Allegri nelle ultime due giornate di campionato. Ma cos'è che ha fatto esattamente, l'uruguaiano? Innanzitutto - e mica è poco - ha ridato coraggio alla Juventus, che è apparsa più dinamica e aggressiva, meno timorosa e più consapevole dei propri mezzi.

Come lo ha fatto? Schierando finalmente quel benedetto - o maledetto? - tridente offensivo, prima nel finale del match contro il Bologna, in tempo per realizzare un'insperata rimonta, e poi dall'inizio nell'ultima sfida stagionale, in casa contro il Monza. 2-0 e tutti a casa, con gol di Federico Chiesa e Alex Sandro più almeno un altro paio di reti sfiorate, tra pali colpiti e occasioni non concretizzate.

Non sempre si poteva rischiare, direbbe qualcuno. Vero, ma a un certo punto lo si doveva fare, almeno per la dignità. Bastava un po' di coraggio, insomma. E non - attenzione - quello pseudo-coraggio degli sprovveduti, ma il coraggio di far valere le proprie idee, anche quando il momento sembra chiedere qualcosa di diverso. Se vuole tornare a vincere, la Juventus non può più permettersi di abdicare alle proprie idee, piccole o grandi che siano.

Altrimenti vale tutto, altrimenti si ripiomba nella mediocrità. Ma la storia e i colori bianconeri parlano di altro, parlano di eccellenza. Si riparta da qui, allora. Dall'insegnamento di Paolo Montero (giustamente osannato dai tifosi, anche con cori dedicati), di chi sa che essere Juve implica anche rischiare. Perché per spiccare il volo, per respirare l'aria d'alta quota, bisogna prima saper perdere un po' l'equilibrio.