LA PRIMA VOLTA - "Pensai subito a un errore. Non avevo mai avuto lontanamente a che fare con certe sostanze. La magistratura aprì un’indagine. Fu appurato che il controllo era stato fatto senza le dovute norme di sicurezza. Un inquirente mi disse testualmente che aveva capito che era stato commesso un reato ma non c’era la pistola fumante. Fui licenziato dal Perugia per giusta causa. Persi un contratto importante e la reputazione".
LA SECONDA - "Mentre riempivo quella provetta non pensavo alla cazzata che avevo fatto. Avevo sniffato più di dieci giorni prima, non valutando le conseguenze di quella follia".
MILAN - "Avrei dovuto capire che era troppo presto per fare quel passo. L’anno prima avevo avuto la forza di rifiutare la chiamata di Moggi alla Juve, quell’estate invece ascoltai i consigli del mio procuratore. Fu un disastro. E nel 1999 il Milan vinceva lo scudetto a Perugia con le parate di Abbiati. Al cui posto avrei dovuto essere io, se in estate non avessi chiesto di liberarmi. Strana la vita eh?".
PARTITA VENDUTA - "Perdemmo 4-3 in casa. Pioveva a dirotto, sia io che Peruzzi commettemmo degli errori. Alla fine il presidente Gaucci disse che mi ero venduto la partita. Alessandro Moggi era il mio procuratore, nella sua testa avevo fatto un favore al padre. Mise in mezzo anche Tovalieri. Chiese a Castagner di escluderci. E il mister lo assecondò".