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"​Il lungo addio - dalla Champions, da Andrea Pirlo, probabilmente dallo stesso Andrea Agnelli artefice della più disastrosa stagione tecnica e politica dai tempi di Cobolli Gigli con Ferrara - si consuma sotto gli occhi di John Elkann e di fronte al Milan che vince 3-0, sbaglia un rigore, esulta in faccia a Ronaldo (ieri sera il nulla assoluto, come a Udine, dove però ha segnato) e ai reduci di nove scudetti consecutivi.

La Juve è in ginocchio ed oggi più che mai suona patetico quel tentativo di inventarsi una Superlega degli ottimati se non si è capaci neppure di stare tra le prime quattro squadre di un campionato modesto come quello italiano.

Il Milan non fa un’impresa, gioca semplicemente meglio, approfitta degli errori e gestisce la partita da squadra matura, non si abbatte neppure quando Kessie si fa parare da Szczesny il rigore che avrebbe potuto chiudere la partita in anticipo, anzi continua ad attaccare nonostante perda Ibrahimovic e trova due gol che rovesciano addirittura il risultato dell’andata (3-1 per la Juve), cosicché, ove mai Juve e Milan dovessero essere pari in classifica all’ultima giornata, sarà il Milan ad andare in Champions.

Pirlo non è un allenatore finito, ma un allenatore mai cominciato. Solo la presunzione che lo sostiene lo ha portato ad accettare un ruolo per il quale non era né pronto, né adeguato, fallendo su tutta la linea. Ma Pirlo fa quel che sa, cioè poco. Anche se è stato un grandissimo calciatore, non sa gestire né lo spogliatoio, né il gruppo, tantomeno conosce la tattica. Pensate ad una sola cosa: Chiesa, nella gara d’andata, aveva giocato a destra. Aveva segnato due gol, distrutto l’avversario diretto Theo Hernandez, dialogato sul corto e sul lungo con grande maestria avendo per partner Dybala.

Cosa ha fatto Pirlo ieri sera?

Primo ha preferito Morata a Dybala, poi ha schierato Chiesa a sinistra, contro Calabria, che lo ha contrastato agevolemente e senza alcun affanno, mentre dall’altra parte McKennie, un giocatore modesto che solo Paratici poteva far passare per utile, arrancava dietro Theo Hernandez, capace di sventrare il fronte destro della Juve e di creare occasioni e situazioni sempre pericolose.

Se il presidente Agnelli fosse ancora un dirigente illuminato (ma ho cominciato a dubitarne quando cacciò Sarri sostituendolo con Pirlo forse per dimostrare che la Juve era così forte da poter vincere senza allenatore), questa mattina congederebbe il suo protetto e il suo improvvisato secondo (Baronio) richiamando immediatamente Massimiliano Allegri. Se c’è una possibilità su mille che la Juve faccia punti a Reggio Emilia (mercoledì a Sassuolo), con l’Inter (domenica allo Stadium) e infine a Bologna è affidandosi ad un allenatore vero.

Ovviamente non succederà nulla di tutto questo. Al massimo della resipiscenza, Agnelli esonererà Pirlo per metterci Tudor, inspiegabilmente fatto fuori dal “maestro” nei mesi scorsi, dopo avergli fatto sciogliere un contratto di lavoro in Croazia.

Tira un’aria da dramma totale. Non solo la Juve non andrà in Champions, non solo Pirlo l’ha portata vicino alla catastrofe, ma - come io avevo previsto ad agosto - la farà sprofondare in questo maggio di tormenti ed errori. Purtroppo mercoledì 19 c’è da giocare anche la finale di Coppa Italia contro l’Atalanta, cioè la squadra che chiuderà seconda e che è di gran lunga la più in forma del campionato. Finirà male anche quella e questa stagione sarà mandata a memoria come la più disastrosa dell’ultimo decennio".

Di Giancarlo Padovan per calciomercato.com