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Ricordare è sempre importante. Anzi fondamentale, a maggior ragione in un bambino. La memoria è il bagaglio che lui si porta dietro, che lui si è costruito in tutta la sua breve vita, che la condiziona, lo forma e che costantemente rivive. Salta di qua e di là, tra un ricordo e l'altro, viaggia con la mente, gioca con la sua creatività e non solo, ma ogni tanto si ferma e riflette, pur bambino. 

Il ricordo di oggi, in una giornata così particolare per la memoria, è dedicato proprio a quel bambino, oggi grande, che però è ancora capace di tornare indietro, di rivivere e ricordare, e che anche oggi, pensa. 

E' l'8 settembre 2004, siamo a New York. La Juve c'è, lì presente sullo sfondo di questa storia, anzi no, al centro. Addosso a quel bambino c'è lei, la maglia dell'idolo Del Piero, bianconera e con quell'inconfodibile 10 stampato, affidabile e preferita compagna di viaggio. Di qualunque viaggio, e perciò presente anche in quell'insolito viaggio oltreoceano. L'America è grande, ancor di più se vista con gli occhi di un bimbo di 10 anni, e New York è il parco giochi più luminoso e splendente del mondo. Una sorta di paese dei balocchi, ricca di luci continue che partono da Times Squadre e non si spengono mai per tutta la 7th Avenue. I pupazzi della Disney, il gigantesco negozio di M&Ms, e poi la grande passione: lo sport. Ovunque. L'NBA da un lato, il baseball dall'altro. La missione di quel bambino riguarda proprio questo: una maglia, preferibilmente quella di Kobe Bryant, poco importa se gioca dall'altra parte degli USA, e un guantone, destinato ad uno scarso utilizzo, ma come cimelio vale moltissimo. Eh sì, il paese dei balocchi. Giochi, luci e regali, ma New York non è solo questo, nemmeno per un bambino. 

Monumenti, musei, a volte un po' noiosi ma affascinanti, ed enormi grattacieli da guardare rigorosamente a testa in su, spuntando circa 1 metro e venti da terra. Ma ancora una volta non è solo questo. Nel lungo camminare, perchè mamma e papà dicono sempre che New York si gira solo a piedi, quel bambino si imbatte in qualcosa di ancora più grande. Più grande di tutto ciò che ha visto finora. Il vuoto di Ground Zero. La passeggiata lì si ferma. Ci sono tante scritte, in inglese naturalmente, qualcuna si capisce, per qualcun'altra c'è bisogno della mediazione di mamma. Ma quel bambino, in realtà, sa già tutto. Tra i suoi ricordi quel giorno c'è, limpido come pochi. E' il giorno in cui il suo mondo è cambiato, in cui il suo mondo piccolo è stato bruscamente invaso da quello dei grandi. Tanti bambini condividono un ricordo simile dell'11 settembre 2001. I cartoni, la Melevisione e poi di colpo la sigla del Tg, quella cosa un po' noiosa che però piace tanto ai genitori. "Edizione straordinaria" - squilla la televisione - "attentato a New York". Pochi minuti e le Torri Gemelle non ci sono più, polverizzate sotto gli occhi di tutti quelli si sono precipitati alla tv. 

Sì, quel bambino se lo ricorda bene. Sa cos'è successo, ha negli occhi le immagini drammatiche di quei giorni, e qualcuna dei documentari speciali visti negli anni successivi, fino a quella visita. E' l'8 settembre, sono passati appena 3 anni, il ricordo è ancora negli occhi di tutti, è ancora lì forte e presente, mentre ci si prepara per celebrare tutti insieme. Chi passa da Ground Zero lo fa spesso a testa bassa, osserva con la coda dell'occhio il fascio di luce proiettato la sera nel cielo, sempre in silenzio. Quel silenzio lo colpisce, e come non potrebbe. New York: così ricca di schermi e di luci da attrarre il sorriso dei bambini, da riflettersi nei suoi occhi sognati, eppure la luce più splendente non si trova a Times Square ma a Ground Zero, è singola e semplice, ma ti entra dentro. E quel giorno, anche un bambino, se n'è accorto.