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E’ risaputo che Gianni Agnelli fosse un attento e irriducibile lettore di giornali. Per necessità, ovviamente, ma anche per il suo piacere personale. La prima cosa che, sempre, faceva ogni mattina era quella di sfogliare tutti e sei i quotidiani da lui preferiti. Tra questi c’era anche “L’Unità” organo ufficiale del Partito Comunista Italiano della serie “Per affrontare adeguatamente il nemico occorre studiarlo e conoscerlo bene”.

L’Avvocato si soffermava in particolare sul’editoriale che, ogni giorno, veniva pubblicato in prima pagina a firma di “Fortebraccio” alias Mario Melloni. Giornalista acuto e notista sopraffino il quale ovviamente non faceva sconti al principale rappresentante del capitalismo industriale italiano senza mai comunque tracimare nella volgarità o nell’insulto. Il presidente della Fiat apprezzava lo stile della controparte pur non condividendone la logica comunista. “L’Unità” in ogni caso si poneva come strumento di informazione prezioso e importante a pari degli altri quotidiani generalisti apparentemente slegati dalle indicazioni dei vari partiti politici. Del resto il nome del fondatore di quel giornale, Antonio Gramsci, era garanzia di serietà e di competenza.

Oggi, novantaquattro anni dal giorno della sua prima uscita nelle edicole, viene celebrata la sepoltura del quotidiano in questione. Ucciso e anzi giustiziato da un sedicente “fratello di sangue” come il segretario del PD Matteo Renzi il quale si è comportato al pari di Bruto nei confronti di Cesare. All’annuncio della chiusura definitiva ha fatto seguito la notizia relativa al battesimo di una nuova testata, soltanto in Pdf però, già visibile e dal nome che suona come un autentico sberleffo ideologico e sociale: “Democratica”. Un concetto piuttosto bizzarro di “democrazia renziana” applicata sulla pelle di giornalisti, tipografi, impiegati ora senza più un lavoro e delle loro famiglie. Un atto di miopia anche culturale che lo stesso Avvocato mai avrebbe osato neppure immaginare soprattutto nella sua città operaia dove il responsabile delle pagine torinesi dell’Unità era Diego Novelli, sindaco e torinista, un altro “nemico” degno di rispetto con il quale Agnelli dialogava spesso.

Con l’Unità, in ogni caso, scompare una bella fetta di grande giornalismo storico significato da firme importanti e autorevoli come quelle di Pier Paolo Pasolini, Giorgio Bocca, Margherita Hack, Italo Calvino, Dacia Maraini, Miriam Mafai volendo citarne solamente alcuni. Le stesse pagine sportive furono impreziosite da colleghi di assoluta valenza autori di inchieste talvolta memorabili e mi piace sottolineare che l’ultimo direttore in carica e ora scaricato è Marco Bucciantini una delle voci più autorevoli e seguite dagli appassionati su “Radio Sportiva”.

Tutto ciò per Matteo Renzi non ha valore. Comportandosi come un novello “Renzusconi”, al tempo delle epurazioni bulgare di Biagi, Luttazzi e Santoro, ha deciso da solo che l’Unità ormai non era buona manco più per incartare il pesce. In questo modo Renzi ha ribadito di possedere nel suo dna quella parte negativa di “fiorentinità” che contraddistingue gli ultras viola i quali pagherebbero con il sangue pur di vedere un qualunque campionato di calcio senza la Juventus.