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Un tempo il mercato invernale si chiamava “di riparazione”. Che cosa deve riparare la Juve? In teoria, un bel po’. Siamo di quelli che ritengono la rosa della squadra insufficiente. Non perché i nomi manchino, piuttosto per il fatto che un intero reparto è ampiamente insufficiente. Non bastano Chiesa, Dybala, De Ligt (giocatori di caratura) non bastano i senatori Bonucci e Chiellini, “universitari del calcio” secondo Mourinho, e buona parte degli opinionisti, dato che è l’intero centrocampo ad essere mediocre.

CENTROCAMPO - Il timoniere può essere ottimo, il tattico pure, il prodiere anche, ma se il resto non va manca l’equilibrio (la pietra filosofale allegriana) e la barca procede “sbandata”, senza quella costanza e sicurezza necessarie a vincere una regata. Locatelli, peraltro il migliore, da solo non sembra sufficiente a far funzionare quel ruolo nevralgico di ogni squadra: è l’intero settore o quasi da sostituire. Ma per fare questo non ci vuole una semplice “riparazione” in corsa: la barca dovrebbe tornare in cantiere. Non s’è mai vista la sostituzione di almeno 4 giocatori a gennaio.

ATTACCO - Ecco, dunque, che la toppa, utile per galleggiare, non per ridisegnare  vele o  scafo, si chiama centravanti. La Juve fa pochi goal. Anche se tira parecchio verso la porta avversaria sembrerebbe mancare “quello” che la mette dentro. Quel ruolo verso il quale il paron Rocco non nutriva molta considerazione, ritenendolo l’opposto del genio. Questa scelta rappresenta un tentativo di rimediare una carenza non certo di trovare quella quadratura sicuramente necessaria l’anno prossimo.

CASTING - Fra i tanti nomi chiamati a illuminare la notte come le scie multicolori d’un fuoco d’artificio (Scamacca, Icardi, Milik, Depay, Lacazette, Muriel…), c’è una sola certezza: si parla di prestito con eventuale diritto di riscatto. Non solo perché si desidera mantenere in vita il sogno proibito Vlahovic, ma soprattutto per la necessità di non incartarsi in impegni troppo gravosi e troppo deludenti come spesso è successo negli ultimi 3 anni. Inoltre perché la vera, sostanziale rivoluzione per rialzare la testa ovvero il centrocampo, va programmata e valutata senza  facili e improduttivi decisionismi. Tanto meno in un mercato “di riparazione”.