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Poteva essere il carnefice della Juve. È diventato forse la vittima principale. Dura la vita lontano da Torino per Alvaro Morata, ieri nervoso e deludente, nel fallire per l'ennesima volta l'esame di maturità senza la maglia bianconera a livello internazionale. Quel colpo di testa fallito nel recupero del primo tempo, dopo un pericoloso svarione di Leonardo Bonucci, a conti fatti è costata l'eliminazione all'Atletico Madrid. Che su di lui aveva puntato tutto a gennaio quando c'erano molti dubbi sui tempi di recupero di Diego Costa, rientrato per l'andata e subito ammonito quindi squalificato. È sceso in campo con i nervi a fior di pelle, troppa aspettativa, troppa tensione per lui. Che ha bisogno di serenità e invece in Diego Simeone ha trovato un sergente di ferro con il quale non sta riuscendo ad esprimersi. E che lo ha fortemente condizionato anche nella due giorni torinese.

RETROSCENA - Rosso o nero, tutto o niente. La cura del Cholo poteva caricare a mille Morata oppure disinnescarlo prima ancora del match. E così è stato. Perché ci sarebbe stato un colloquio privato prima della partenza tra Simeone e Morata, attraverso il quale è arrivato dal tecnico argentino all'attaccante spagnolo il divieto assoluto di apertura con il mondo che per due anni è stato il suo mondo. Niente visite di amici nel giorno della partita, nessuno scambio affettuoso con i tifosi bianconeri in caso di incrocio più o meno casuale, nessun segno di pace con i nemici per una notte. Niente di niente. Per caricare a mille Morata è stata questa la ricetta. Dosaggio e ingredienti però sono stati evidentemente sbagliati.