commenta
Luca Cordero di Montezemolo, Avvocato ed ex figura di spicco nella Ferrari, si è raccontato a Tuttosport: "Cosa direbbe Gianni Agnelli della Juve? E l'Atletico? Certo, una battuta d’arresto pesante. Ma io credo che non sia assolutamente finita. La Juve ha dimostrato di avere forza morale oltre che tecnica. E dopo una caduta si ha ancora più voglia di rimettersi in piedi. Vedrete". 
 
"Juve di Conte, di Allegri, della BBC, e ora di Ronaldo. Ma l’architetto è stato indiscutibilmente Andrea Agnelli? Ha ragione, condivido. In Andrea rivedo quella determinazione, quell’attenzione, quelle capacità che aveva suo padre Umberto. Un altro che amava il basso profilo, a cui non piaceva molto apparire, ma che era fondamentale. Andrea lo ricordo bambino, a sette-otto anni quando giocava in un campetto di casa sua e già si vedeva quanto gli piacesse il pallone. Come mio figlio Lupo, che ama tantissimo il calcio, malgrado… Malgrado una recente disavventura. Lui gioca nei bambini della Roma e mentre stava per colpire di testa, è arrivato un avversario che ha provato a rinviare in rovesciata. Non le dico che botta! Si è rotto il setto nasale. Ma non è uno che ai arrende. E’ pronto a tornare in campo con una maschera, proprio come i grandi…. Comunque le dicevo di Andrea. Mi piace anche ricordare che ha cominciato la sua bellissima avventura con me in Ferrari, dove si occupava di marketing. Da lì alla Philip Morris… Insomma, si vedeva che aveva grandi capacità, carattere, intuizioni». 
 
Ronaldo, sembrava possibile? L’acquisto di Ronaldo è stata una sorpresa anche per me. Una bellissima sorpresa. Sono d’accordo che, per battere l’Atletico Madrid a Torino, servirà il miglior Ronaldo, quello dei gol fantastici, il Pallone d’Oro. E lui è come quei grandi piloti - e ne ho visti personalmente - capaci di ribaltare l’esito di una corsa anche partendo lontano dalla pole. Sarà fondamentale anche l’apporto di Andrea Agnelli in questa lunga vigilia. Io sono sicuro che sarà bravissimo a portare nella squadra la giusta tensione, senza sconfinare nel nervosismo. Ogni partita, come ogni Gran Premio, fa storia a sé. E quella di Torino, vedrete, sarà completamente un’altra partita". 
 
"La mia Juve del 91'? E’ vero, la più grande amarezza della mia avventura sportiva. Dissi sì alla proposta di Agnelli, accettai, senza avere la determinazione giusta. E poi in quel momento l’Avvocato si era innamorato di un allenatore di grande modernità, che poteva essere anche l’uomo giusto ma nel momento sbagliato. C’era la voglia di cambiare tutto in fretta, ma ci furono due ostacoli, Una sorta di gelosia di fronte al mio arrivo, un quasi ragazzo che piombava dall’esterno. E poi, come le ho detto, la mia stanchezza dopo il Mondiale del’90, che fu definito e apprezzato in tutto il mondo come il primo dell’era moderna, con un grande utilizzo della tecnologia. Arrivai alla Juve senza la convinzione giusta. La partenza? E chi se la scorda quella partita a Napoli… Tacconi mi disse: pensavo nella mia vita di fare il portiere e invece mi sono ritrovato a giocare da libero… Silenzi sembrava Van Basten". 
 
"Allegri per la sua professionalità e per quell’aria scanzonata all’Avvocato sarebbe piaciuto molto? Sì, gli sarebbe piaciuto molto. Come uomo e come allenatore. Allegri è un coraggioso e ad Agnelli piacevano gli uomini coraggiosi. Questo coraggio dovrà confermarlo nella partita di ritorno contro l’Atletico, come ha fatto già altre volte dando la sterzata decisiva". 
 
"Se ho partecipato a una trattativa? Sì, quando l’Avvocato prese Platini. Ne parlammo per giorni, poi lui comunicò a Boniperti che voleva assolutamente chiudere con Michel. Ad Agnelli piaceva confrontarsi con me e relazionarsi con Cristiano Rattazzi, che viveva in Argentina e gli diceva tutto sul calcio di lì. Altri due di cui parlammo molto furono Haessler e Julio Cesar".