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Ieri, in qualità di spettatore-tifoso-critico televisivo, ero convinto di poter trascorrere nuovamente una serata entusiasmante e di grande spettacolo. Dopo aver “goduto” un Festival finalmente nuovo grazie a Baglioni e del ritorno alla grande di Zingaretti con Montalbano, la certezza era  quella di proseguire lungo questo cerchio magico a cavallo di due eventi che promettevano grande coinvolgimento emotivo e passionale. Alla fine il bicchiere è rimasto colmo solamente a metà. 

La mia parte di appassionato bianconero ha spento la luce del comodino deluso, perplesso e ansioso. Non restava che addormentarsi rivedendo le immagini del film “De Andrè principe libero” con il sottofondo delle poesie cantate di quel genio che ci manca tanto. Così, tanto per evitare brutti sogni aiutati dal ricordo della prima puntata di un piccolo serial perfettamente riuscito dove la figura dell’uomo “Faber” viene rivissuta nella “fiction” senza tradire mai quella reale del personaggio (formidabile Marinelli), dei suoi amici Villaggio e Tenco, della Genova dei carugi con le sue dolci puttane. Da non perdere oggi la seconda parte che questa volta “duellerà” con il Napoli.

In effetti il pareggio rimediato dalla Juventus contro il Tottenham possedeva tutte le caratteristiche dell’incubo che arriva a turbare il riposo dopo una cena troppo pesante. Il pensiero che anche quest’anno non si voli e che la Champions debba rimanere il solito miraggio sahariano, al netto di uno scudetto reso assai problematico dal Napoli che viaggia come una Frecciarossa, sta prendendo sempre più corpo alimentato da ciò che è accaduto allo “Stadium” contro la squadra allenata dal “piemontese” Pochettino.

 Dall’antipasto, delicato e raffinato, dei due gol che parevano garantire una passeggiata della salute alle due reti subite per un pareggio che non lascia alternative a ciò che i ragazzi di Allegri dovranno fare tra venti giorni in Inghilterra: vincere per non dover dare addio alla Coppa. Impresa tutt’altro che semplice da realizzare.

Allegri, a voce alta e con toni addirittura minacciosi, invoca l’intervento di un medico. Non per curare gli acciacchi fisici ma per mettere un poco di ordine nella testa di giocatori, i quali improvvisamente e senza una ragione valida, vanno in cortocircuito e disfano la tela appena fatta come faceva Penelope. Francamente, almeno ieri non è stato così, non penso si sia trattato di una questione psicologica ma di un problema tattico e strategico del quale con molta onestà intellettuale avrebbe dovuto farsi carico il tecnico senza tirare in ballo alibi di natura psicanalitica. 

Oggettivamente il Tottenham ha ampiamente meritato di uscire imbattuto dallo Stadium perché, contrariamente a ciò che hanno fatto i bianconeri, ha giocato l’intera partita in maniera perfetta e perché, contrariamente a ciò che ha fatto Allegri, il suo allenatore non ha fallito una sola mossa nella gara di scacchi che si è realizzato soprattutto a centrocampo. Che poi Buffon abbia piazzato male la barriera o che Bernardeschi abbia sofferto un attimo fatale di amnesia fa parte delle cose che possono accadere a chiunque nel corso di una partita.

Sicchè, visto che il calcio non è una “fiction” e che una scena venuta male non si può rifare, Allegri non dovrebbe invocare l’intervento di uno psicologo ma, in primis, quello di un medico di base tanti per rimettere in piedi definitivamente Dybala e Matuidi in tempo per il ritorno a Londra e successivamente rivedere o riscrivere i suoi appunti strategici per evitare che, come per Napoleone a Waterloo, l’avventura di Champions per la Juventus non finisca con una desolante disfatta.