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A Marotta Masterclass, speciale DAZN, in una lunga intervista, Beppe Marotta ha parlato così del suo passato e del suo presente.
 
DA FASCETTI IN POI - “Il mio primo allenatore assunto è stato Eugenio Fascetti a Varese. Sebbene in quel periodo ci fosse una figura dirigenziale sopra di me, l’allora presidente mi ha dato un compito del tipo ‘Se vuoi diventare direttore sportivo, allora devi indicarmi un allenatore’. Chiamai allora con il direttore del corso di Coverciano che si chiamava Lello Antoniotti, un ex giocatore, e chiesi quale fosse il miglior corsista di quell’anno. Lui mi disse che era stato Eugenio Fascetti e decidemmo di andare su di lui. Si rivelò una scelta azzeccata. Secondo me è stato un allenatore che in carriera ha raccolto meno di quanto meritasse. Mi sarebbe piaciuto lavorare con Arrigo Sacchi, perché lui è stato, a mio giudizio, il fautore del cambiamento”.

INZAGHI - “L’abbiamo chiamato non sapendo che era a cena, lui era chiaramente po’ imbarazzato. Devo dire che in questo caso la tempestività e l'intuizione da parte di Piero Ausilio e mia lo hanno portato a prendere una decisione e a sottoscrivere un accordo velocissimamente, ma nel rispetto dei dirigenti e di un presidente come Lotito che sicuramente non ha inteso la cosa come sgarbo. Quando un allenatore o un giocatore sta troppi anni in una squadra, e Simone è stato venti anni alla Lazio, è giusto che poi provi un’esperienza diversa, un’esperienza di crescita”.

RONALDO - “Questa è la domanda più imbarazzante. Quando acquisti un giocatore devi fare una valutazione a 360° e quindi devi pensare sia al bilancio che all’aspetto sportivo. Io ho fatto delle mie considerazioni, ma è leggenda quando si dice che ci sono stati dei contrasti su questa operazione. E’ giusto che in un contesto dirigenziale ci siano delle contrapposizioni di opinione”.

ALLEGRI - ​“Devo dire la verità, un contatto c’è stato, anche perché non immaginavamo che ci fosse la disponibilità di Inzaghi. In quel momento Allegri era libero e rappresentava certamente un profilo interessante”.

RITORNO ALLA JUVE - “No, questo è falso. Non c’è stato nulla di concreto”.

AGNELLI - “Non è vero, con lui ho ancora oggi un ottimo rapporto”.

LA TOP11 - “Possiamo fare un 4-4-2. In porta sicuramente Buffon, non si discute. A destra mi ha impressionato Lichtsteiner, come libero Luca Pellegrini, l’altro centrale è Chiellini, a sinistra dico Maldera. A centrocampo Pirlo che ha rappresentato molto per me. Rientra nella categoria dei leader silenziosi, ovvero è uno di quelli che con lo sguardo ti racconta tante cose. Vidal è un altro giocatore che mi ha dato moltissimo. Come 10 direi Del Piero, ma anche Recoba che è arrivato in un Venezia spacciato e gli ha dato la forza per risalire e salvarsi. Forse nella mia storia è stato l’elemento più importante per il raggiungimento del risultato finale. In attacco Anastasi, anche per un motivo emozionale. Lui arrivò al Varese quando facevo il raccattapalle e poi diventò l’emblema della Juve. Metto anche Lodetti e sempre a centrocampo anche Suarez”.

GOL SANCHEZ - “Sicuramente quello di Alexis Sanchez. Lì se fai goal vinci. Mi era già capitato di vincere delle finali, ma non così. Se penso al mio modesto palmares, dico che ha lasciato il segno più forte”.

DEL PIERO - “Quello dei grandi ex giocatori ho notato nel mondo che rappresenta il bello e il problematico. I grandi giocatori sono icone e leggende, ma non fanno mai parte dei club. Rappresentano la storia e credo che come tale debba essere considerato Del Piero”.

POGBA - ​“Se consideriamo l’andata e il ritorno e quindi come è arrivato e come è andato, sicuramente Pogba. E’ arrivato a zero e l’abbiamo rivenduto allo stesso club per 110 milioni. E’ una cosa inusuale, figlia anche del grande coraggio dei dirigenti del Manchester United. E’ stata una cosa abbastanza unica nel mondo del calcio”.