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Claudio Marchisio senza filtri. L'ex Juve e Nazionale ha parlato in una lunga intervista a Goal.com: "Per tanti anni è stato più difficile per un giocatore parlare di tematiche che non riguardassero il calcio, ma ritengo che il trend stia cambiando. Pian piano gli atleti stanno capendo che anche attraverso l’esposizione mediatica a cui sono sottoposti possono veicolare valori importanti. Alcuni atleti - soprattutto ex, a dire il vero - hanno deciso di utilizzare la propria risonanza per dare il loro contributo all’interno della società. Io ho fatto questa scelta molto giovane, quando a diciassette anni ho visto un caro amico andarsene a causa di un tumore. Da quel momento ho sempre cercato di portare un sorriso alle persone in difficoltà e di affrontare tematiche anche complicate. E’ anche compito nostro fare un lavoro di sensibilizzazione che comprenda argomenti delicati e talvolta scomodi".

ITALIA - "Vivere il viaggio degli azzurri da commentatore tecnico è emozionante e stimolante. Il ruolo che svolgo adesso mi diverte e affascina: sto scoprendo ogni giorno aspetti legati al mondo del calcio e dell’entertainment che non conoscevo. Per il futuro, chissà. Ho tanti progetti che sogno di realizzare. Poi non posso negare che mi affascina da sempre l’idea di avere un ruolo in Federazione. Mi piace costruire nel lungo periodo e sarebbe una sfida entusiasmante quella di porre le basi per importanti progetti che abbiano l’obiettivo di sviluppare un calcio più autentico e spettacolare".

IN CHI SI RIVEDE - "Ho sempre ammirato i giocatori duttili, perché nel calcio moderno bisogna essere in grado di ricoprire più ruoli, quindi non posso che notare con grande interesse la crescita costante e il talento di Barella e Castrovilli, che uniscono qualità, forza fisica, talento. Lo stesso vale anche per Locatelli, migliorato esponenzialmente in questi ultimi anni".

JUVE - "Non si può vincere per sempre, prima o poi doveva succedere. Quest'anno la squadra al di là della posizione in classifica ha perso tanti punti contro squadre che lottavano per salvarsi e questo ha inficiato tanto sul rendimento finale. Questa stagione è una grande lezione da cui imparare: forse le tante vittorie consecutive hanno portato a dare per scontati risultati che in realtà non lo erano per niente. Detto questo, alla fine parliamo di una squadra che per meriti suoi o demeriti degli altri si ritrova in Champions League e con due trofei vinti. Ci si aspettava di più? Vero, ma alla fine la sufficienza credo sia arrivata".

CICLO FINITO - "Io credo che si sia trattato di un fisiologico esaurimento del ciclo che ha condotto a nove scudetti consecutivi. E’ stata una stagione strana, con poco di tempo di pausa dal termine di quella passata e inevitabilmente caratterizzata dall’emergenza Covid. Ci possono essere tante attenuanti da prendere in considerazione: gli infortuni, le tre partite a settimana giocate almeno fino a fine gennaio con un allenatore nuovo che aveva bisogno di tempo per portare i suoi concetti in campo".

PIRLO, UN ALTRO ANNO - "Guidare un gruppo di persone non è mai semplice. Ci sono tante variabili esterne, ancor di più in anno difficoltoso come quello appena trascorso. La scelta di puntare su Pirlo è stata coraggiosa; Andrea è diventato allenatore appena dopo aver svestito i panni di quel grande giocatore che è stato. Qualche anno di esperienza avrebbe fatto comodo? Può anche essere, ma come fai a dire di no quando ti chiama la Juventus? Mi sembra comunque evidente che la sua prima da allenatore sia stata condizionata da circostanze che avrebbero messo in difficoltà anche la più navigata delle gavette. E comunque alla fine sono arrivate due coppe e la qualificazione in Champions, con una scelta coraggiosa come quella di lasciare fuori Ronaldo in una gara fondamentale".